Il tecnico e dirigente francese (ex ct della nazionale italiana) dice la sua sul momento di crisi del nostro movimento
«Possiamo parlare all’infinito di scelte tecniche e organizzative risalendo negli anni, ma in realtà vi servono tempo e pazienza. E coraggio di completare i progetti Quando sento i miei amici italiani giù di corda, ripeto che le tradizioni non si recuperano in fretta: siete nel Torneo solo da 14 anni. Pensate ad allargare la base e intanto contate su Brunel, un ottimo ct». A parlare così, dalle pagine de Il Messaggero è Pierre Villepreux, uno che ci conosce bene e che non ha certo bisogno di presentazioni. La sua dichiarazione, raccolta da Paolo Ricci Bitti, è all’interrno di una inchiesta (a più puntate) sulla crisi del rugby azzurro e sulla sua ricerca di nuovi talenti.
In effetti bisognerebbe ricordare che tra l’ingresso della Francia in quello che diventò il Cinque Nazioni e il primo trionfo dei galletti passò mezzo secolo (andando a memoria diciamo 49 anni, ci pare). Vogliamo ottenere risultati troppo presto? Forse. Va però pure detto che i tempi sono cambiati, che il professionismo ha in qualche modo modificato la percezione del tempo e che a fronte degli investimenti fatti si vogliono vedere risultati in tempi molto più stretti di quanto non poteva accadere 40 o 50 anni fa. Ma anche “solo” 30.
Voi cosa ne pensate? Abbiamo sprecato tempo e risorse? Quali errori abbiamo commesso e ha ragione Villepreux a predicare calma?
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