In Argentina una squadra che ha ottenuto quello che voleva senza fare troppa fatica. E Barrett ha sempre più fiducia in sé stesso
Al terzo calcio azzeccato da Baurden Barrett, per un attimo abbiamo lasciato lo stadio di La Plata in Argentina per spostarci sul divano di casa Cruden ad Hamilton, in Nuova Zelanda. Abbiamo provato ad immaginare, non solo le reazione fische del giocatore, ma anche lo stato mentale e abbiamo concluso che qualunque cosa o persona che abbia trattenuto Aaron Cruden la notte di domenica scrosa tanto da farlo allontanare dal gruppo di compagni e fargli perdere l’aereo per Buenos Aries la mattina dopo, non vale neanche un centesimo della feroce realizzazione che quella maglia in nero è in competitzione oggi più che mai.
Bauden Barrett ha giocato benissimo. Non perfetto, ma benissimo. Dategli un paio di altre maglie con il numero 10 e otterrà tutta la confidenza e sicurezza per guidare gli All Blacks con una classe cristallina che lo distingue già da ora. Barrett non ha nulla che possa impedirgli di diventare il secondo di Dan Carter e apertura titolare ad interim fino al ritorno del giocatore di Canterbury. Questi sono i “grossi grattacapi” per Steve Hansen, così come la scelta del secondo centro dove il rifiutato da John Kirwan (quanto se ne starà pentendo ora che Nonu è tornato con gli Hurricanes?) Malikai Fekitoa dovrà vedersela con Sonny Bill Williams en route to Auckland nel fine settimana ed in campo per il Counties Manukau di Tana Umaga il prossimo mercoledi sera proprio contro Auckland. Senza dimenticare che Ryan Crotty è in partenza per il Sudafrica.
L’abbondanza di sostituti di grande qualità, a parte per il tallonatore – c’é chi mormora che Andrew Hore potrebbe essere richiamato in vista del Mondiale – fanno del “giochino di stilare la squadra prima dell’annuncio del giovedì mattina” la frazione più interessante della settimana All Blacks di questi tempi. Perché? Perché la squadra più forte al mondo è talmente prevedibile, talmente perfetta, talmente concentrata sui risultati, da divenire incredibilmente noiosa. Con rispetto per tutti i tifosi argentini, ma non c’era alcun dubbio che i campioni del mondo avrebbero dilagato a La Plata alla ricerca del bonus point per archiviare il Rugby Championship con un turno di anticipo.
Una partita a nostra modesta opinione deludente nel complesso. Dopo le dichiarazioni dell’allenatore dell’Argentina Daniel Hourcade sulla volontà dei sudamericani di “aprire il gioco alla neozelandese” non appena il tempo senza pioggia lo avrebbe permesso, la gara ha invece evidenziato grandi lacune nella squadra che nel secondo tempo ha perso concentrazione e compostezza. Un secondo tempo comunque nel compesso soporifero e brutto dove entrambe le squadre hanno elargito errori a non finire.
Gli All Blacks però nella loro complessa elaborazione del piano di attacco di mettere in banca quattro mete hanno regalato la ritrovata combinazione di Ben Smith e Israel Dagg rispettivamente all’ala e ad estremo. I due hanno giocato come se non si fossero mai lasciati. In conferenza stampa Ben Smith ammette: “Siamo ben coordinati, giochiamo bene insieme. Diciamo che a volte so perfettamente dove Israel è, altre volte spero sia dove penso debba essere”. Combinazione che si riproporrà in sudafrica questo fine settimana con il ritorno anche di Dane Cole neo papà.
Per quanto alcuni tifosi possano storcere il naso, colui che porterà novità e pettegolezzi, critiche ed eccitamento sarà quel Sonny Bill Williams destinato alla Coppa del Mondo 2015 e alle Olimpiadi 2016 in nero. Lui è veramente l‘unica nota di frivolezza in questa armata All Blacks che quando allunga, imposta la sesta marcia e vince come ci si aspetta che possano vincere solo i migliori al mondo. Pura noia.
di Melita Martorana
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