Mediani di mischia e aperture: la gestione azzurra lontana dai campi

Non “produciamo” un numero sufficiente di numeri 9 e 10, la cosa è nota, ma l’esistente lo gestiamo al meglio oppure no?

ph. Sebastiano Pessina

Dei nostri problemi in mediana, siano essi atavici e/o contingenti, abbiamo spesso parlato. Anche nelle ultime settimane. Oggi però vorremmo “girare” un po’ il problema e non sofffermarci sulla nostra difficoltà a produrre giocatori di livello internazionale per quei ruoli così delicati e importanti ma sulla gestione dell’esistente: staff tecnico e quello manageriale più vicino al campo hanno operato per il meglio?

 

Mediani di mischia: Ugo Gori è ormai da anni al centro del progetto azzurro e cosa più importante è subito stato fatto sentire così. Botes nel tempo ha perso posizioni e alla fine è rimasto fuori dal giro della nazionale e alla fine è stato richiamato Tito Tebaldi. Quest’ultimo è giocatore sicuramente talentuoso ma che in passato ha difettato di continuità anche all’interno di una stessa partita. Dopo il trasferimento in Galles si è riconquistato la maglia azzurra a suon di prestazioni più che buone e sembrava aver trovato una tranquillità mentale che prima non c’era. Poi a Swansea hanno deciso di muoversi diversamente, gli Ospreys hanno preso altri giocatori nel suo ruolo ed è stato comunicato che lui poteva accordarsi con chi voleva ma è rimasto in Galles dove oggi gioca scampoli di partita con la maglia del Bridgend Ravens nel campionato locale. E’ vero che con le Zebre (dirigenza) non si è lasciato proprio bene ma non era il caso di riportarlo in Italia, Parma o Treviso che fosse? Ora non gioca e ovviamente non è stato convocato per i test-match di novembre, lo staff azzurro si sente al sicuro perché c’è Guglielmo Palazzani che cresce e che la maglia azzurra se la merita ma se – Dio non voglia – lui o Gori dovessero infortunarsi?
La nostra coperta è troppo corta per poterci permettere di perdere Tebaldi in questa maniera quando al Mondiale mancano 11 mesi.

 

Mediani d’apertura: qui i nomi sono solo due, non si scappa, Luciano Orquera e Tommaso Allan. Uno – il primo – è il soldatino mai troppo amato dai tifosi che però si è sempre fatto trovare pronto e disponibile ad ogni chiamata, senza alzare la voce una volta che fosse una o fare polemica anche se non è mai stato messo nel cuore dell’Italrugby. L’altro è il giovane talento strappato alla Scozia che sta a Perpignan e che dovrebbe essere seguito passo passo dalla FIR nel suo processo di crescita, ma che non ci risulta essere così. Un giocatore in quel ruolo non deve solo migliorare tecnicamente ma anche nella confidenza in se stesso e nelle proprie capacità, deve imparare a gestire le pressioni che porta con sé il rugby internazionale e saper affrontare momenti di grande stress psicologico. Farlo a 21 anni non è semplice nemmeno in Nuova Zelanda, figuriamoci dalle nostre parti.
Il “progetto apertura” poteva essere un modo per affrontare questi problemi e allargare un po’ la rosa dei possibili candidati all’azzurro ma dopo il no di Andrew Mehrtens non se n’è fatto più nulla, quasi che l’iniziativa dipendesse da lui e non viceversa. Magari (probabilmente) quel progetto non era la soluzione migliore e avrebbe comunque necessitato di tempo. Non lo sappiamo. Quello che sappiamo è che oggi con il Mondiale dietro l’angolo ci troviamo con opzioni ridottissime e senza eventuali alternative in casi di infortuni.

 

Il Grillotalpa

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