“VINCENTI quelli del rugby con le ruote: storie di sport e di vita”

Un libro, un’emozionante raccolta di testimonianze, una storia straordinaria quella degli atleti del rugby paralimpico nazionale.

“VICENTI quelli del rugby con le ruote: storie di sport e di vita” nasce da un’idea di Elena Barbini, fotografa sportiva che ha dedicato molta parte del suo lavoro al nostro rugby.

Il libro, attraverso gli scatti di grande impatto firmati da Elena e la bella penna di Giorgio Sbrocco racconta con una storia straordinaria quella degli atleti del rugby paralimpico nazionale. Un’emozionante raccolta di testimonianze che mette in luce gli aspetti umani e sportivi, ma anche quelli motivazionali, emozionali e di condivisione che la pratica di questa disciplina consente. Alcune pagine divulgative sono dedicate alla storia, agli elementi tecnico-agonistici, al regolamento e alle classificazioni.

 

A coadiuvare Elena e Giorgio: Gina Cavalieri (staff Nazionale Italiana rugby in carrozzina, esperta di comportamenti organizzativi) e Claudio Da Ponte (Immuno ematologo, Team Manager Wheelchair Rugby Italia). La prefazione è a firma di Luca Pancalli (Presidente Comitato Italiano Paralimpico), le pagine istituzionali vedono un contributo di Sandrino Porru (Presidente nazionale FISPES – Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali) e John Bishop (Presidente IWRF – International Wheelchair Rugby Federation).
Finalità del progetto editoriale (192 pagine, italiano e inglese, Piazza Editore, € 20,00) la diffusione della pratica sportiva del rugby in carrozzina e la raccolta di fondi da destinarsi a iniziative di promozione e attività del movimento nazionale. Domani in occasione del match Italia-Sudafrica,  sarà possibile acquistare il volume  allo stand wheelchair presso il villaggio terzo tempo dello stadio Euganeo.

 

Ecco cosa ci ha raccontato Giorgio Sbrocco: “Non farmi domande, non ho alcuna intenzione di risponderti. Non ho spiegazioni da dare. E, soprattutto, non sono qui per convincerti”. Elena Barbini è fatta così. Quando crede in qualcosa non la promuove, al massimo è disposta a condividerla. Durante e dopo. “Sono stata a fotografare il primo campionato italiano di rugby in carrozzina a Padova, ho conosciuto gente che… Ci dobbiamo fare un libro”. Vincenti è nato così. Dall’intuizione di una ragazza che si è fatta ferrea volontà e dalla sapienza del suo obiettivo. “Io ci metto le facce, tu racconti le loro storie”. Un ordine, perentorio come sanno essere gli inviti a fare qualcosa di importante, di notevole. Di quelli cui è difficile e anche scomodo dire di no. Li ho incontrati tutti, una parte a Padova nel corso dell’estate, all’ombra del tendone del Pala Petrarchi del Centro Geremia, altri in raduno collegiale vicino a Pordenone, con i più difficilmente raggiungibili per distanze chilometriche e impegni personali ho usato cellulare e benedetto Skype. A settembre avevo completato sette quadernoni di appunti. Non uso registratore, mi fido di più della penna a sfera. Nessuno mi ha messo fretta, nessuno mi ha imposto scadenze: non l’editore Piazza che è un amico, non Doriano lo stampatore, che alle ritardate consegne di chi scrive è rassegnato da tempo, non Nicoletta di Spazio Paraggi che è paziente e fatalista di natura, non Claudio, manager e anima dell’Italia del rugby sulle ruote e non Gina, sua preziosissima collaboratrice. “Quando i testi saranno pronti usciremo, mi è stato assicurato”. Ciò che non sapevano, che non sapevamo, era che le storie di questi fantastici ragazzi seduti, molto semplicemente, si sarebbero scritte da sole. Nel giro di poche settimane. Con la giusta dovizia di particolari e con un magica miscela di cronaca e di riflessioni. Senza ricorrere tesi pre costituite e senza cercare di capire tutto a ogni costo. Fuori dagli schemi dei “valori fondanti e condivisi”, nel nome di “questo mi è capitato e con questo ho deciso di convivere”. Per trovare un titolo al libro abbiamo, io e Elena, impiegato una manciata di secondi. In autostrada, direzione Fontanafredda. La prima ipotesi fu “I vincenti”, poi l’articolo l’abbiamo levato e siamo andati in stampa. Se è vero (e lo è) che l’universo mondo di chi pratica attività sportiva si divide in vincenti da una parte e tutto il resto dall’altra, io posso dire che, nel corso di questa meravigliosa esperienza, di vincenti veri ne ho incontrati tanti, una ventina almeno. E scrivere di Paolo, Stefano, Alen, Nicolò, Vladimiro, Rufo, Massimo, Alberto, Nicolas, Giuseppe, Mattia, Antonio, Carlo, Stefano, Ahmed e Alvise è stato prima di tutto un piacere. Oltre che un onore. Quello di aver incontrato l’Italia del coraggio, l’Italia che non si piange addosso che non pretende che siano altri a risolvere i problemi. Quella che imbocca una strada sapendo che tante saranno le curve e che assassine saranno certe salite. Ma che pur sapendolo: parte. E dove non possono arrivare le gambe, ci penseranno le ruote!

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