Minirugby 2.0: il progetto formativo del Valsugana

L’attenzione che il Valsugana Rugby Padova dedica alla formazione dei giovani rugbisti è da sempre un marchio di fabbrica del club biancoazzurro

Negli anni la strutturazione dell’attività giovanile ha recepito cambiamenti di varia natura, spesso stimolati dalla collaborazione con nuovi tecnici o dall’adozione di metodologie provenienti da paesi rugbisticamente più evoluti.
Oggi questo progetto formativo ruota intorno a principi ormai acquisiti e procede, più che in passato, con una solida consapevolezza dei propri fini e dei propri mezzi, non senza una positiva tensione verso ulteriori miglioramenti, attraverso il confronto con altre realtà. Ne parliamo con Gabriele “Lele” Marchiori, presidente della sezione Junior del Valsu, che segue le attività del minirugby e dell’Under 14.

Partiamo dai numeri. Com’è iniziata questa stagione sportiva per la Junior?
Molto bene anche quest’anno, perché abbiamo sostanzialmente raggiunto tutti i target di categoria e mantenuto la cifra di oltre 200 atleti tesserati dall’Under 6 all’Under 14. Gli organigrammi tecnici sono completi e di buona qualità: lavoriamo sempre con un rapporto di un 1 tecnico/educatore ogni 10 atleti (per l’Under 6 il rapporto è 1 a 6), e ogni categoria dispone di un preparatore atletico qualificato, per guidare i bambini verso un corretto sviluppo delle capacità motorie. Questa struttura e le competenze acquisite consentono di svolgere allenamenti strutturati per livelli di abilità, sotto la sapiente regia di Youssef Darbal, confermato nel ruolo di responsabile tecnico della sezione Junior.

Cosa intendi quando parli di allenamenti strutturati per livelli di abilità?
Il fine dell’allenamento deve essere quello di mettere ogni singolo atleta nelle condizioni di migliorare le proprie abilità, riconoscendo che i livelli sono diversi da bambino a bambino. Le richieste prestazionali devono tenere conto di queste differenze, affinché tutti siano stimolati a impegnarsi per accrescere le proprie competenze tecniche secondo obiettivi individuali e accessibili.

Questa impostazione comporta risultati agonistici significativi?
Premesso che il nostro obiettivo è la formazione dell’atleta e, quindi, non misuriamo la bontà del lavoro in base ai risultati della domenica, va riconosciuto che un legame fra qualità del lavoro e rendimento agonistico esiste. Nei tornei autunnali in cui abbiamo deciso di schierare squadre molto competitive non sono mancati piazzamenti apicali in tutte le categorie, sia del minirugby che in Under 14.

Come viene recepita questa organizzazione dai genitori, che più di qualcuno considera troppo invadenti?
Non condivido questa affermazione. Penso piuttosto che i genitori vadano “educati”. Nelle riunioni di inizio stagione con le famiglie ripeto sempre che compito della società, oltre alla formazione umana e rugbistica dei giovani atleti, è anche l’educazione dei genitori, che per lo più si avvicinano al rugby senza alcuna esperienza del nostro sport. Dico loro che, quando scelgono di portare i loro figli da noi, devono anche impegnarsi ad accettare i valori e le regole del nostro ambiente. E devo riconoscere che sono soddisfatto delle risposte che ottengo.

Spostiamo lo sguardo fuori dal Valsu. Frequentando i campi di molti club, che idea ti sei fatto del livello raggiunto del movimento giovanile nel Veneto?
Penso che il Veneto sia per il rugby la regione di riferimento in Italia, a qualunque livello. Però questa analisi deve tenere conto di una situazione differenziata. Vi sono due tipi di realtà: quella costituita dai club, magari di recente costituzione, che devono affrontare il problema dei numeri per assicurarsi squadre complete in ogni categoria, e quella di chi invece può concentrare le risorse sul lavoro formativo di qualità. Sono due situazioni diverse, che coesistono, a volte con qualche difficoltà.

E cosa puoi dire dei rapporti con altri club?
Io credo nell’utilità del confronto fra club come elemento di crescita. Nessuno deve rimanere chiuso nel proprio ambito, geloso della propria specificità o con atteggiamenti supponenti. Noi cerchiamo continuamente lo scambio di esperienze tecniche e soluzioni organizzative con altre società. Non sempre, però, troviamo interlocutori attenti a tali richieste di collaborazione.

Allora con quali club siete riusciti a stabilire questi scambi?
Detto che noi siamo disponibili a confrontarci con tutti, attualmente abbiamo aperto un canale di dialogo con due società a noi vicine territorialmente, cioè Cus Padova e Selvazzano, con cui ci siamo incontrati per organizzare allenamenti congiunti a livello di minirugby. In ambito regionale guardiamo con interesse al lavoro che viene svolto da club come Cus Verona, Villorba e Benetton Treviso.

Un’ultima domanda: come funzionano i rapporti tra Junior e Senior all’interno del Valsu?
In realtà si tratta solo di una distinzione organizzativa, perché di fatto agiamo come fossimo un unico club, condividendo le stesse mission e vision. Operiamo cioè per realizzare un progetto scritto insieme e condiviso in ogni sua parte. E ritengo che questa unità rappresenti uno dei punti di forza del Valsugana Rugby Padova.

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