Da una parte un club privato, dall’altra una franchigia integralmente federale. Con obiettivi in parte diversi…
“Il nostro scopo è anche quello di gestire i giocatori in chiave nazionale, affinché arrivino pronti agli appuntamenti internazionali. In questo siamo una franchigia federale, e non c’è nulla di male“. Con queste parole Andrea Cavinato, head coach delle Zebre, ha risposto sabato nella conferenza post Gloucester ad una domanda sulla gestione del gruppo, diviso tra gli impegni celtici, quelli di coppa e le finestre internazionali. Il senso, forse sottinteso ma è una nostra ipotesi, poteva essere questo: perché contro i Cherry&White sia in terra inglese che al XXV Aprile i vari Haimona, Toniolatti, Vunisa Geldenhuys, Biagi non hanno giocato dal primo minuto o non erano proprio convocati? A prescindere dal fatto che un allenatore segue quotidianamente i ragazzi, e trae le sue conseguenze e decisioni su cui è inutile e forse pure sbagliato speculare, resta il fatto che quanto detto dal coach delle Zebre sottolinea una sostanziale (ma probabilmente non formale) differenza tra Benetton e franchigia federale, che riguarda la gestione del gruppo e dei giocatori. Se entrambi sono due quindici che partecipano al Pro12, è innegabile che uno, la Benetton, si configuri ancora come un club, mentre l’altro, le Zebre, abbia maggiormente i tratti della franchigia, con tutto ciò che la differenza implica. E il fatto di dipendere direttamente dalla Federazione accentua ulteriormente la distanza. Non possiamo sapere esattamente quali siano gli accordi sulla gestione dei giocatori “azzurribili”, ma crediamo di non andare tanto lontano dalla verità dicendo che a livello societario Casellato debba rispondere più a Zatta e Cavinato a Brunel e al suo staff. E in tutto ciò, come detto sabato alla Cittadella, non c’è nulla di male.
Innanzitutto, va detto che le Zebre sono nate con il preciso intento di formare i rugbisti italiani e di prepararli all’alto livello. E questo processo passa inevitabilmente anche attraverso la gestione del loro minutaggio. Chiaro che Cavinato vorrebbe vincere tutte le partite, ma arrivare al Sei Nazioni con gli azzurri zeppi di minutaggio avrebbe il suo bel contrappeso. Questo vale anche per Treviso, ma il non dipendere direttamente dalla Federazione certamente conferisce alla cosa un peso specifico inferiore. Pertanto, le scelte di Casellato e Cavinato, vanno lette anche in questa chiave. E immaginiamo che trovare un equilibrio tra tutte le esigenze coinvolte non sia certo facile, e in questo staff e assistenti hanno un ruolo tanto importante quanto delicato nell’aiutarli. Legittimo che i tifosi vogliano vedere in campo il quindici più forte, ma una gestione di questo tipo deve necessariamente essere pensata anche in funzione della Nazionale.
Di Roberto Avesani
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