Parma, abbiamo un problema: cosa sta succedendo alle Zebre?

Due ko con il Benetton Treviso ma i problemi vengono da lontano. E il percorso della franchigia federale si è appannato

Zebre

ph. Sebastiano Pessina

Il tema del giorno non possono che essere le Zebre. Un tema che in realtà era nell’aria già da qualche tempo ma che il doppio derby celtico ha portato alla luce in maniera inequivocabile. Nelle ore immediatamente successive alla partita del Monigo abbiamo letto un po’ di tutto, critiche a volte molto puntuali (o che ci sono sembrate tali), un po’ ingenerose in altre occasioni. Ma ci sta, fa parte del gioco.
La squadra di Parma ha giocato male in entrambe le gare che l’hanno messa di fronte al Benetton Treviso: arrivava con il ruolo di favorita contro una formazione che non solo è ancora alla ricerca di una identità ma che stava uscendo da un mese di dicembre semplicemente disastroso. Una formazione, quella allenata da Andrea Cavinato, che ha ormai alle sue spalle un percorso di crescita e maturazione che sembra però essersi in qualche modo fermato. Appannato. Una difficoltà che si è piano piano palesata in questi mesi autunnali/invernali e che i due ko con il Benetton hanno reso plastica.

 

Il piano di gioco è sostanzialmente sempre lo stesso, con poche variazioni e la squadra non sembra in grado di adattarsi alle situazioni contingenti che ogni partita presenta. Una volta che gli avversari prendono le misure per i bianconeri diventa un problema trovare soluzioni alternative. Il cuore, la voglia e la grinta non mancano davvero mai, ma la lucidità e la freddezza vanno e vengono. E l’irruenza fisica non sempre può risolvere le situazioni, senza contare che presenta un conto in termini di stanchezza che è di quelli importanti.
Possiamo discutere fino alla nausea delle scelte fatte dallo staff tecnico, possiamo chiederci se i XV delle formazioni titolari siano stati sempre i migliori. Ognuno ha le sue opinioni, ma il punto non è quello. Il fatto è che è sembra che la squadra abbia perso un suo filo logico che tra tante difficoltà era stato costruito gara dopo gara negli anni precedenti. Un anno fa a questo punto della stagione, sempre dopo 12 giornate, lo score della franchigia federale era di 2 vittorie, un pareggio e 9 sconfitte (senza contare l’Heineken Cup); quest’anno ci si ferma a 2 vitorie e 10 ko, un risultato complessivo peggiore – anche se di poco – in una stagione che invece doveva rappresentare un nuovo step di crescita e consolidamento. Finora non si è visto, se non solo per brevi tratti.

 

La squadra ha ampi margini di crescita e miglioramente ma probabilmente soffre la mancanza dell’ombrello rappresentato dall Benetton Treviso: il fatto di dover dimostrare di essere la punta della piramide del movimento italiano (tolta la nazionale, ovviamente) ha aumentato le pressioni su un ambiente che ha avuto un paio di scossoni negli ultimi mesi, come l’addio di Fabio Ongaro e le dimissioni/non dimissioni di Cavinato. Nel primo caso stupisce un po’ la tempistica della vicenda, con un team manager che lascia a fine settembre quando la stagione è appena iniziata, nel secondo invece c’è una gestione un po’ particolare di una situazione dai contorni non chiarissimi con la società che non rilascia comunicati ufficiali di smentita né prima né dopo l’unico intervento diretto richiesto da un media, nel caso contingente arrivato proprio da questo sito.

 

Contano anche gli episodi: se una delle due mete non concesse a Sarto all’inizio del secondo tempo fosse stata data saremmo probabilmente qui a parlare di un’altra partita, ma è la stessa squadra che ha anche giocato larghi tratti della seconda frazione di gioco in superiorità numerica anche ampia. E se giochi per diversi minuti in 15 contro 12 – addirittura contro 11 in un’azione in cui Giazzon si è fermato per una botta presa – senza portare a casa punti, beh, c’è poco da lamentarsi delle decisioni arbitrali (che sono magari dubbie, ma non scandalose). Così come non ci si può appellare ai possibili errori dei direttori di gara se in 15 contro 13 si prende una meta come quella di Gori: bravo lui a trovare il corridoio giusto ma la difesa non era certo schierata nel migliore dei modi.
Le Zebre al Monigo non hanno praticamente messo piede nei 22 metri avversari nel primo tempo, nel secondo invece ci sono state quasi per mezz’ora ma alla fine il bottino è stato di soli 5 punti. Davvero un po’ poco.

 

C’è infine la questione-Cavinato: in tanti chiedono la sua testa. A chi scrive non pare una gran soluzione. Intanto la stagione non è ancora così lunga, un cambiamento difficilmente potrebbe portare un giovamento e poi per mettere chi al suo posto? Non ci sembra che dalle nostre parti ci sia un Graham Henry che sia a casa a dedicarsi al giardinaggio. Ci sono bravi tecnici, quello sì, ma nessuno in Italia tra gli allenatori in attività ha l’esperienza che oggi ha Cavinato. E il presidente federale Gavazzi ha più volte detto che a guidare le franchigie vuole solo allenatori italiani.
L’ipotesi circolata tempo fa – rilanciata da Rugby 1823 – di una sua sostituzione a fine stagione con Guidi non ci convince. Se l’allenatore livornese dovesse essere scelto quale sostituto dell’attuale head coach della franchigia la soluzione migliore ci sembrerebbe quella di farlo entrare nello staff tecnico come assistente (rinnovando il contratto a Cavinato per una stagione, quello attuale scade a giugno) e poi di iniziare un lento passaggio di consegne. Ma la palla ce l’hanno in mano i due presidenti, Gavazzi e Bernabò.

 

Il Grillotalpa

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