Falli in aria: davvero dinamica e volontarietà non possono contare?

Le indicazioni del Board mettono al primo posto la sicurezza. Giusto, ma i casi sono molto diversi…

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Partiamo da una premessa, tanto banale quanto basilare: in qualunque sport l’aspetto più importante è rappresentato dalla salvaguardia dell’incolumità fisica dei suoi praticanti, siano essi professionisti o semplici “weekend warriors”. E da tempo il Board si sta muovendo in modo deciso e credibile in questa direzione, anche attraverso la sperimentazione e l’introduzione di modifiche al regolamento volte alla tutela fisica dei giocatori, su tutte le nuove regole di ingaggio in mischia ordinata. In alcuni casi però sembra esserci poca concordanza logica tra l’atto contrario al regolamento e la sanzione decisa dall’arbitro. Tra questi il più spinoso, ma non certamente l’unico, è quello della presa aerea.

 

Se è vero che placcare o intervenire su un giocatore in presa con entrambi i piedi staccati da terra è un fallo facilmente identificabile e sanzionabile nella sua volontarietà, ben più complicato è riuscire a districarsi nel momento in cui i giocatori che si contendono al volo l’ovale sono due, e senza che nessuno apparentemente cerchi di provocare volontariamente danno all’avversario. La situazione la conosciamo tutti, e per capire quanto sia una fase difficile da valutare bastano i due recenti esempi del XXV Aprile, con Odiete cacciato contro Gloucester e Ragusi graziato nel derby italiano celtico di andata. Come sempre, è il giudizio della terna a contare (ed eventualmente del TMO, se presente), ma dall’IRB sono arrivate precise indicazioni: prima di tutto la sicurezza.
Non conta avere gli occhi sulla palla, conta essere responsabili della sicurezza dell’avversario. Vero, e sacrosanto. Ma la sensazione è che talvolta il giudizio arbitrale dovrebbe tenere conto di due aspetti corollari ma intrinsecamente decisivi: la volontarietà del gesto e le dinamica dell’azione.

 

A più di qualcuno, se tra i lettori ci sono ex giocatori, sarà capitato almeno una volta di avere davanti un giocatore che nell’impatto tende ad abbassarsi o a saltare. Risultato, sanzione per collo o spear tackle, nonostante l’infrazione sia stata generata non dalla volontà di fare un gesto scorretto ma da una normale dinamica fisica dei corpi. Odiete che inciampa e urta McColl, e Andrew che travolge e fa male a Leonard devono essere valutati allo stesso modo? Senza contare che sono stati puniti rispettivamente con un cartellino rosso e uno giallo.
Vero che l’incolumità, come detto in apertura, è l’aspetto più importante, ma così come il diritto distingue colposo e volontario, allo stesso modo i giudici di Ovalia, gli arbitri, dovrebbero talvolta interpretare il regolamento “relativamente” al gesto, senza considerare la situazione in modo “assoluto”. Anche perché punire chiunque contendendo l’ovale vada ad urtare involontariamente un avversario significherebbe mettere un freno ai giocatori stessi, che magari, nel dubbio, quella palla non proverebbero nemmeno a prenderla.

 

Di Roberto Avesani

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