L’ex trequarti azzurro a 360 gradi ripercorre la carriera e guarda al futuro. E a proposito di una famosa Haka del 2007…
In Italia è arrivato a ventun’anni, divenendo una bandiera del Viadana e arrivando a collezionare 47 caps con l’Italia. E ora, intervistato dall’autorevole portale neozelandese stuff.co.nz, dà un consiglio a tutti i giovani giocatori kiwi. Queste le parole di Kaine Robertson, rivolte soprattutto ai giovani connazionali che in patria trovano poco spazio nelle squadre di più alto livello. “Tana Umaga andò a Viadana [nel 1994] e poi tornò in Nuova Zelanda e divenne un All Blacks. Potrebbe essere una bella idea per un giovane quella di fare esperienza all’estero, e farsi un’idea di cosa sia il rugby pro prima di conoscerlo in patria“. Il punto, per Robertson, è che molti sono partiti a carriera già avanzata e in questo modo gli All Blacks hanno perso del potenziale: “Molti che non ce la fanno [ad indossare la black jersey] se ne vanno al Nord e ci restano, mentre potrebbero avere chance di entrare nella nazionale, se tornassero”.
Robertson ripercorre poi il suo arrivo in Italia, su indicazione niente meno che di Sir Graham Henry, a cui furono chiesti due giocatori da mandare a Viadana: ne mandò tre, Matthew Phillips, Sonny Parker, il figlio Andrew Henry e il suo miglior amico, Kaine Robertson. Che nella nazionale azzurra, prima Seven poi maggiore, ritroverà i connazionali Matthew Phillips, Rima Wakarua, Aaron Persico e Paul Griffen. Infine, Robertson torna sulla famosa Haka non fronteggiata nel 2007: “Penso che sia stato un un errore. La mettemmo ai voti, e si perse di poco. In campo ne pagammo le meritate conseguenze”. Per il futuro un’idea stuzzicante: mettersi in forma e guadagnarsi la chiamata per giocare con Counties Manukau in ITM.
Il video della Haka “ignorata” alla RWC 2007.
https://www.youtube.com/watch?v=aaas9EcOJLA
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