La FIR vuole tenere la franchigia nella città ducale e probabilmente raggiungerà lo scopo. Ma qual è la vera situazione?
“Ma è vero che le Zebre se ne vanno via da Parma?”. Questa è probabilmente la domanda più diffusa nelle ultime ore nel mondo del rugby italiano. Che risposta dare? Che al momento è molto difficile, anche se non impossibile. E che comunque entriamo in una fase piuttosto fluida, dove vedremo assestamenti di posizione, dichiarazioni e qualche colpo di scena.
Facciamo qualche paso indietro. A settembre 2012 Alfredo Gavazzi diventa presidente della FIR e da subito dichiara più volte che entro la fine della stagione 2013/2014 vuole delle Zebre “private”. Però non succede nulla e a oggi la squadra bianconera pesa al 100% sulle casse federali. Negli ultimi mesi le dichiarazioni del numero uno FIR in tal senso sono praticamente scomparse ma il problema è rimasto tutto, aggravato anzi da un bilancio federale che mostra per la prima volta un segno meno e dall’aumento del contributo alla Benetton Treviso. Una situazione diventata difficile da gestire. Il comunicato di ieri del dopo Consiglio Federale è perciò allo stesso tempo una sorpresa ma anche una sorta di segreto di Pulcinella che viene messo sul tavolo.
La sorpresa sta nel suo improvviso e inatteso svelamento e nei tempi strettissimi decisi dalla FIR: se entro il 14 marzo non ci saranno “soggetti terzi intenzionati a rilevare il 100% di capitale sociale di Zebre Rugby Srl a partire dall’1 luglio 2015” e “non pervengano da esponenti del territorio parmigiano manifestazioni d’interesse in tal senso, il Consiglio ha deliberato di predisporre un bando pubblico per l’assegnazione della licenza di partecipazione al PRO12”.
Proviamo dare una traduzione? E’ un ultimatum agli imprenditori di Parma, un aut-aut. Si dice sostanzialmente “avete avuto tanto tempo per intervenire, la nostra pazienza è finita. Avete tre settimane di tempo”. Basteranno questi 20 giorni per fare quello che non è stato fatto in tre anni? Sì, potrebbero, anche perché a OnRugby una cordata di imprenditori locali disposta a intervenire in pianta stabile risulta esserci. Probabilmente il punto non sono i soldi ma la gestione della franchigia, ovvero, detto in maniera brutale: pago, ma quanto comando?
Perché i privati verseranno i 300mila euro per l’acquisizione del 100% del capitale sociale delle Zebre e dovranno coprire tutto quello che rimane fuori dal contributo federale di 4 milioni di euro che continuerà ad essere elargito (ovvero almeno un paio di milioni, più verosimilmente tre abbondanti). In pratica avremo una situazione speculare a quella del Benetton Treviso. Queste le intenzioni. Si tratta perciò di trovare un equilibrio tra nuovi soci e federazione, con quest’ultima ad avere ancora in mano le leve del comando ma che sarà costretta a cedere parte del controllo decisionale della franchigia. Un gioco di incastri “politici”. Senza dimenticare che la crisi del calcio parmigiano potrebbe liberare forze economiche verso la palla ovale.
E se l’ultimatum non dovesse ottenere il risultato che si prefigge, qullo cioè di rimanere a Parma? Le Zebre lascerebbero Parma, ma per andare dove? Roma è la destinazione più gettonata, la più logica. Lo era anche qualche anno fa, dopo il crac degli Aironi, ma si decise altrimenti.
Città enorme con un bacino davvero importante potenziale di sponsor e pubblico ma che che non ha strutture tali da soddisfare i requisiti minimi richiesti dal board del Pro12 (e in prospettiva delle coppe europee). Un bel problema indubbiamente ma – può sembrare un paradosso – proprio l’urgenza e le ristrettezze i tempo potrebbero diventare carburante da propulsione per superare le pastoie burocratiche e gli ostacoli che finora sono sembrati insormontabili.
Va anche ricordato che comunque anche in un ambiente come quello romano bisognerebbe lavorare tantissimo, che la bontà del risultato non è garantita, non subito almeno: portare le Zebre a Roma è comunque una operazione di fusione a freddo, esattamente come quella di Parma. I bianconeri non hanno alcun legame con la città e il suo ambiente, non sono il risultato di una collaborazione (ad esempio) tra realtà locali importanti come Lazio, Fiamme Oro e Capitolina. Però sul medio-lungo periodo le prospettive sono comunque positive e con grandi margini di crescita. Ma non dobbiamo confondere la realtà del Pro12 con i pienoni del Sei Nazioni.
C’è anche l’ipotesi Calvisano, ci hanno pensato tutti ieri, ma portare una franchigia in un paese di 8mila abitanti sarebbe trovare una pezza peggiore del buco. Il problema “conflitto d’interessi” esploderebbe con conseguenze imprevedibili. E le cronache ufficiose raccontano di un presidente Gavazzi che in Consiglio Federale è stato molto netto e chiaro nello smentire qualsiasi ipotesi in questo senso. Sulla Gazzetta dello Sport di oggi si legge anche dell’ipotesi Genova, dove le strutture non mancano.
Proviamo a scommettere: le Zebre rimarranno a Parma.
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