Il presidente Lapasset annuncia modifiche. La FIR sarebbe contraria, ma Dondi si dice favorevole
“Il professionismo ha permesso una utilizzazione larga e a volte eccessiva del principio dell’eleggibilità. Ma non ci sono garanzie. Dove dobbiamo fermarci? Cosa diventa l’identità di una squadra nazionale o quella di una maglia?”. Queste sono domande che negli ultimi anni tanti tifosi e appassionati – ma pure addetti ai lavori – si sono fatti pensando a una presenza “straniera” sempre più numerosa e invasiva nelle squadre nazionali di ogni dove, anche in quei movimenti che per abbondanza e profondità meno avrebbero bisogno di andare a pescare in altri bacini.
Solo che questa volta a chiederselo è Bernard Lapasset, presidente di World Rugby, ovvero l’organo che gestisce la palla ovale in ogni continente, che a Midi Olympique dopo aver ricordato che dal 1886 a oggi le regole che normano il rugby in questo campo sono cambiate molto poco e rileva che “non è che vogliamo vietare quello che accade oggi ma dobbiamo fare il possibile affinché la legge dei tre anni per ottenere l’eleggibilità e quelle della discendenza siano largamente sistemate”.
Già, ma come? “Il lavoro e l’ambiente di vita sono una cosa, la nazionalità un’altra. Dovremo essere più fermi. L’attuale regime di eleggibilità corrisponde all’evoluzione delle nostre società? Io non lo credo. (…) Gli scozzesi hanno in squadra dei neozelandesi, il mediano d’apertura italiano è un kiwi e i francesi chiamano dei sudafricani. Io non li condanno, non fanno altro che sfruttare delle regole che esistono ma questo conduce inesorabilmente a una uniformazione del gioco, arriveremo a un punto in cui tutte le squadre giocheranno lo stesso rugby. Dobbiamo lasciare una parte delle nostre diversità culturali, sono state fino a ora la nostra ricchezza. Il Comitato Olimpico Internazionale è molto esigente in materia di nazionalità, passaporti e particolarismi identitari. Il rugby, a mio parere, deve ispirarsi alla legislazione olimpica“.
Parole, quelle di Lapasset, che faranno discutere ma che presto potrebbero prendere corpo. I cicli di vita dle rugby sono basati sul quadriennio iridato e le prime novità potrebbero arrivare nei mesi immediatamente successivi alla RWC del prossimo settembre. Midi Olympique fa sapere che già da questa settimana un gruppo di lavoro formato da giuristi e personaggi leghati al mondo dello sport inizierà a lavorare sul tema per meglio definirlo e concretizzarlo. Già a maggio è prevista una prima stesura che verrà sottoposta a votazione. E si parla specificatamente della posizione italiana, che nonostante abbiano contribuito ad eleggere Lapasset potrebbe stavolta votare posizioni a lui contrarie. Un primo passo verso un sostegno pieno alle federazioni celtiche di cui si parla a mezza voce da tempo e che sono invece lontane dal francese, che dovrebbe concretizzarsi alla prossima elezione del nuovo presidente di World Rugby, anche se il nostro membro rappresentante al board, ovvero Giancarlo Dondi, proprio al magazine francese dice di essre favorevole alla posizione di Lapasset: “Io sono d’accordo con questo progetto. Dobbiamo lavorare sulla formazione nei nostri paesi. In ogni caso gli stranieri che vengono da noi non sono di grande qualità, meno che all’epoca di Diego Dominguez comunque. E mi chiedo se ne abbiamo davvero bisogno. Di contro vorrei che venisse considerato italiano un giocatore che arriva prima dei 18 anni di età, quando non è ancora professionista e vorrebbe dire che la formazione la farebbe da noi”. Parole che, comunque la si giri, mettono sul tavolo una diversità di vedute – se non di scontro – tra il presiente federale Gavazzi e l’ex numero uno (per 16 anni) del rugby italiano.
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