Dopo Italia-Francia, tra pancia e testa: l’unica cosa da tenersi? Lo 0-29…

Qualche pensiero sparso dopo un ko che fa davvero tanto male. E sabato a Roma arriva un Galles in cerca di punti

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

La domanda del lunedì mattina – o più spesso della domenica mattina, visto che il più delle volte si gioca di sabato – è “che cosa salvare” dopo un ko? Oggi, passateci la battuta, ci verrebbe da rispondere con “le ragazze di Andrea Di Giandomenico”. Ma sarebbe ingiusto, sia verso le stesse ragazze che per il gruppo allenato da Brunel.
Che cosa salvare dunque dalla partita dell’Olimpico? Beh, niente, stavolta proprio niente, nemmeno i primi 20-25 minuti, quelli in cui la palla era sempre o quasi in mano nostra e in cui gli avversari non hanno praticamente mai superato la metà campo. Perché è vero che le redini le avevamo in mano noi ma di punti non ne abbiamo fatto nemmeno uno. E nelle parole di Gueldenhuys raccolte a fine gara il concetto è chiaro: “Siamo tornati dal loro campo sempre senza punti, loro di tre in tre sono scappati”.
I primi 25 sono anche i minuti in cui abbiamo avuto due occasioni per smuovere il tabellone con dei calci piazzati ma che abbiamo fallito, uno con Allan e il secondo con Orquera. Il primo è stato un errore clamoroso, ma probabilmente l’apertura del Perpignan si è fatta male proprio calciando ed è stata subito sostituita (e forse, viste le condizioni, poteva anche non essere rischiata del tutto. Ma col senno del poi siamo bravi tutti). Il secondo invece, vista la distanza, forse poteva non essere calciato del tutto e cercare la touche, però alla fine Orquera ha colpito il palo e con un briciolo di fortuna in più…

 

Ma questi alla fine sono dettagli. Perché ieri la Banda Brunel ha gettato al vento una occasione colossale contro la peggiore Francia mai venuta in Italia da quando siamo nel Sei Nazioni. Una squadra brutta, con poche e confuse idee, e con una paura terribile di perdere. Una Francia che in questo torneo aveva portato a casa una vittoria poco convincente con la Scozia e due ko invece belli rotondi – nei modi più che nel risultato – contro Galles e Irlanda. Quella Scozia che noi abbiamo battuto con una prova convincente solo una settimana fa. Se all’Olimpico avessimo visto la squadra di Murrayfield la Francia l’avremmo battuta, probabilmente senza grossi patemi. E non stiamo parlando di uomini, ma di tenuta mentale. “Da due anni non giochiamo in casa il nostro miglior rugby, bisogna sistemare questa faccenda”, ha detto Andrea Masi.

 

A Edimburgo siamo partiti malissimo ma non abbiamo mai mollato con la testa, con il passare dei minuti abbiamo minato le certezze scozzesi e aumentato le nostre. A Roma con i bleus è avvenuto esattamente il contrario. Forse il fatto di non aver meso punti in cascina non ci ha aiutato ma per riuscire a rivitalizzare una squadra ricca sì di talento ma insicura come non mai ci abbiamo davvero messo nel nostro.
Basta prendere le dichiarazioni del dopo-partita: per il ct Brunel “per 20 minuti abbiamo avuto possesso e la possibilità di mettere 6 punti, poi la Francia ha dominato. Abbiamo avuto problemi in mischia, in touche, ovunque…”. Oppure Leonardo Ghiraldini: “ci siamo allenati bene e abbiamo messo via subito la vittoria sulla Scozia. Siamo partiti bene ma non abbiamo fatto punti, questo ha dato fiducia a loro e noi ci siamo persi. Non c’è stato un momento preciso in cui si è spenta la luce, è successo piano piano”. O ancora McLean: “Oggi è stato difficile ed umiliante. Siamo stati dominati tecnicamente, tatticamente, fisicamente, nella conquista e nella gestione. Dobbiamo ricominciare. Se giochiamo così non battiamo nemmeno squadre più sotto nel ranking”.

 

Una sconfitta che fa male e che è più pesante di quella subìta contro l’Irlanda nella prima giornata del torneo. Una partita per cui sono già stati usati aggettivi che non ci piacciono, che vanno a solleticare la pancia e non la testa. Aggettivi magari applauditi dal pubblico famelico, quello che la settimana prima ti esalta e sette giorni dopo di getta nella polvere, ma gli appassionati di rugby non si sono sempre pregiati di essere cosa altra e diversa rispetto agli ultras del calcio? La passione va bene, è fondamentale, ma un po’ di misura non guasterebbe.
L’Italia ieri non ha giocato male, ma male male male. Scritto tre volte. Sottolinearlo e dirlo chiaro e tondo è giusto e corretto, insultare tecnici e giocatori non lo è nemmeno un po’. Tra l’altro farlo da dietro una tastiera non è neanche particolarmente eroico.

 

Se non ci sbagliamo nelle ultime 21 uscite l’Italia ha perso 18 volte, quello di ieri – sempre se non cadiamo in errore – è il peggior ko interno nel Sei Nazioni mentre già un’altra volta eravamo rimasti a zero (a Parigi, ancora la Francia, nel 2004: 25 a 0). I 67mila dell’Olimpico e i tanti tifosi a casa si meritano di meglio.
Questa Italia può giocare parecchio meglio di quanto visto e per farlo già sabato contro il Galles c’è solo un modo: tenersi stretto il risultato incassato domenica pomeriggio. Averlo ben presente in testa e non provarci nemmeno a metterlo via. Ripartire da lì, cercando di capire errori e il perché di tanti passaggi a vuoto. Non è una questione di chi va in campo o di chi va in panchina, nemmno di chi viene o non viene convocato. Si tratta di approccio e di gestione mentale dell’incontro da parte del gruppo. A questo punto l’unica cosa da tenersi di un pomeriggio altrimenti da cancellare è proprio il 29 a 0. E’ un punto di riferimento, al contrario ma è un punto di riferimento. E’ esattamente il “cosa non bisogna fare”.

 

Il Grillotalpa

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