Dentro il paziente Italia, l’underdog che soffre i pronostici

Dopo tanti anni di Sei Nazioni ancora non troviamo continuità. Ne abbiamo parlato con quattro senatori azzurri

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Il problema, ancora una volta verrebbe da dire, è sempre lo stesso. E la partita dell’Olimpico contro la Francia l’ha ancora una volta confermato. La nostra Nazionale ancora non riesce ad esprimere il proprio miglior gioco in quelle partite che, almeno alla vigilia, sembrano alla nostra portata. Sia chiaro, giocare contro gente come Fickou, Speeding, Dusautoir, Huget e Lopez non è mai facile. Tutt’altro. Ma è innegabile che quella vista a Roma è forse la peggior Francia degli utimi anni, e contro l’Italia la squadra di Saint-André ha mostrato tutti i limiti che si porta dietro da mesi: mancanza di ordine, scelte poco ortodosse, incapacità di finalizzare e concretizzare. Eppure contro questi galletti abbiamo completamente perso il bandolo della matassa, dimostrando pure noi tutti i nostri limiti. Tra in-avanti, carrier che perdono l’ovale e calci sbagliati, ciò che forse più ha colpito in negativo è stata l’incapacità di sfruttare una sola una situazione di gioco rotto. Per quante volte i Bleus hanno perso il possesso, altrettante non siamo riusciti a convertire le turnover ball in contrattacchi. Ma al di là del dato tecnico, davvero difficile da ritagliare dopo simili 80 minuti, ciò che va sottolineato è quanto detto in apertura. Che fatichiamo a trovare continuità nelle nostre prestazioni. Che contro squadre alla portata tendiamo a sbagliare la partita. Che partire da favoriti ci mette addosso una pressione che forse non riusciamo a gestire. O meglio, che continuiamo a non saper gestire.

Nel 2011 dopo aver sfiorato il colpaccio con l’Irlanda ne prendiamo 52 in Inghilterra, per poi battere la Francia e perdere 21-8 in Scozia. Un anno più tardi gettiamo la vittoria con l’Inghilterra, e nel turno successivo usciamo sconfitti 42-10 da Dublino. Nel 2013 all’esordio vinciamo di nuovo contro i galletti, per poi perdere malamente ad Edimburgo. Per arrivare poi a quest’anno, col passo avanti di Murrayfield e i due indietro di Roma. Come invertire questo trend?

 

Per chi come noi poche volte parte da favorito, non deve essere facile gestire questa situazione dal punto di vista mentale. Vincere abitua ma soprattutto insegna vincere. E forse da questo punto di vista soffriamo rispetto a squadre più esperte e più avvezze a trovarsi avanti nel punteggio o comunque date avvantaggiate ai blocchi di partenza. In zona mista ne abbiamo parlato con alcuni senatori azzurri, rivolgendo a tutti la stessa domanda.

 

 

McLean: negli ultimi anni ogni volta che siamo partiti favoriti non abbiamo fatto la figura migliore. Hanno meritato la vittoria, noi ora dobbiamo ricominciare da capo. Non so se è un problema mentale, sono stati superiori in tutto, e faccio pure io mea culpa per certe risalite del campo. Dobbiamo essere umili e consapevoli che se giochiamo ancora così il Galles ci darà 50 punti. Non pensavamo fosse semplice, non lo è mai con la Francia. Noi non siamo più forti di nessuno, se giochiamo così non batteremo neanche squadre più sotto nel ranking.

 

 

Orquera: dopo una buona partita non ci confermiamo, non facciamo il salto di qualità. Mentalmente ero fiducioso, ma non ho fatto una buona partita, ho sbagliato calci e chiamate e devo lavorare di più. Magari ci vuole più allenamento con la squadra, ma non è assolutamente una scusa. Il lavoro da fare è tutto mentale, quando parti sfavorito hai meno pressione. In Scozia dovevamo vincere e così è stato, oggi però non ci siamo confermati.

 

 

Geldenhuys: tutti questa settimana hanno parlato di Francia in difficoltà e in crisi, ma hanno giocatori di qualità, scesi in campo con atteggiamento positivo e che hanno concretizzato. Noi siamo arrivati nel loro campo ma non abbiamo fatto punti. Poi se cambi tre aperture  e non trovi possessi da mischia e touche tutto è più difficile.

 

 

Masi: ci manca un po’ l’abitudine a giocare partite di alto livello in settimana. Abbiamo preparato bene la partita, li abbiamo studiati, poi però non abbiamo giocato al meglio. Dobbiamo reagire al più presto e guardare avanti. Non penso sia stato un problema di approccio, perchè abbiamo giocato dei buoni primi 30 minuti ma non abbiamo raccolto punti.  Dobbiamo essere positivi, non serve tenere il muso o stare a testa bassa. Bisogna ripartire con entusiasmo e voglia di chiudere bene il torneo. Da due anni non riusciamo a giocare il nostro miglior rugby in casa, e questa cosa va sistemata.

Di Roberto Avesani 

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