Il numero otto azzurro ha guidato i parigini alla conquista del titolo, al termine di una stagione di altissimo livello
“Ci sono Zinzane Brooke, Buck Shelford, Lol Dallaglio and Merve ‘The Swerve’ Davies, ma tutti loro giocavano in squadre che dominavano. Parisse si è creato il proprio nome in una squadra delle retrovie“, scriveva il Telegraph nel lontano (ma non troppo 2009). “La sua capacità di handling è quella di un trequarti, con la sua visione del gioco, la sua versatilità e il suo timing”. Nel 2008, è stato il primo italiano a finire nella short list dell’IRB Player of the Year. Nel 2014 l’autorevole WalesOnLine (che già l’aveva inserito al sesto posto dei “50 gratest rygby players of the modern era”) ha scritto che il nostro numero otto giocherebbe pure negli All Blacks. Le cose, evidentemente, non devono essere cambiate, se è vero che è proprio dei giorni scorsi la notizia che Sergio Parisse, neo campione di Francia con il suo Stade, è stato votato secondo miglior giocatore di Francia della stagione appena conclusa dai lettori dell’Equipe (e se non bastasse, si legge nell’articolo “c’è uno Stade Francais con lui e uno senza di lui, e non sono proprio la stessa cosa”).
Una cosa è certa. Sergio Parisse, 112 caps con l’Italia e 211 con lo Stade tra campionato e competizione europee, è di diritto tra i giocatori più forti di sempre. Leader silenzioso e di poche parole, il capitano azzurro ha saputo guadagnarsi la stima e il rispetto dei colleghi di tutto il mondo grazie alla sua capacità di saper interpretare e guidare il gioco, sia a livello tattico che comportamentale, dimostrando sempre grandi skills e conoscenza del gioco. Talvolta è finito nel mirino per le prestazioni sottotono in maglia azzurra, ma il giudizio sulla sua prestazione con la nazionale va spesso ridimensionato, o meglio tarato considerando il collettivo e il game plane che deve seguire e far seguire. Già vederlo in maglia Stade Francais è spesso un’altra cosa, con compagni che aprono e costruiscono lo spazio che grazie alla sua lettura del gioco sa attaccare in velocità. Non è detto che dopo la RWC non smetta con la Nazionale. Godiamocelo finché c’è, verrebbe da dire. Poi, sentiremo maledettamente la sua mancanza.
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