Speciale Rugby World Cup: le squadre – Sudafrica

L’esclusione nel ‘87 e nel ‘91 per l’apartheid, 1009 punti segnati, 2 trionfi alla Coppa del Mondo: tutti i numeri degli Springboks

sudafrica alla RWCIl Sudafrica ha partecipato solamente a cinque delle sette edizioni della Coppa del Mondo essendo stata esclusa nelle prime due edizioni del 1987 e del 1991 a causa del regime di apartheid in vigore nel Paese. Ciononostante il Sudafrica ha sollevato la Webb Ellis Cup due volte, nel 1995 e nel 2007, battendo in finale rispettivamente la Nuova Zelanda (15-12 ai supplementari) e l’Inghilterra (15-6). Due volte l’eliminazione è avvenuta per mano australiana, nel 1999 in semifinale (27-21 ai supplementari) e nel 2011 ai quarti di finale (11-9), mentre nel 2003 furono gli All Blacks a imporsi sui sudafricani, ai quarti, con un netto 29-9 frutto di tre mete a zero. Alla finale del 1995 dedicheremo un paragrafo più avanti anche per il memorabile significato extrasportivo che essa assunse. Una curiosità? In entrambe le finali vinte, il Sudafrica non ha mai segnato una meta andando a referto solo con punizioni e drop.

Riviviamo in queste immagini le vittoria nella finale del 2007 contro l’Inghilterra.

 

RWC 2007: Sudafrica-Inghilterra, highlights finale

 

DIAMO I NUMERI: LA SQUADRA
Nelle edizioni giocate dal 1995 al 2011, gli Springboks hanno giocato 29 partite, per un totale di 25 vittorie e 4 sconfitte. I punti subiti sono 378, quelli segnati ben 1009, per una media di quasi 35 a partita. La vittoria più larga è l’87-0 rifilato alla Namibia il 22 settembre 2011, nel match che rappresenta anche il record di punti in un match iridato e il record di mete, 12, come quelle segnate all’Uruguay l’11 ottobre 2003. La peggiore sconfitta, se proprio peggiore si può definire, è il 29-9 con cui gli uomini in casacchina verde furono eliminati ai quarti del 2003 dagli All Blacks.

 

DIAMO I NUMERI: I GIOCATORI
Il record di presenze iridate spetta al prima linea John Smith che, tra il 2003 e il 2011, ha collezionato 17 presenze; di queste, 11 le ha giocate da capitano, record per il Sudafrica ai Mondiali (per inciso, i suoi caps con la maglia Springboks in tutto sono 111). Al secondo posto, staccato di una sola lunghezza (16), un’altra prima linea e un’altra leggenda del rugby sudafricano: Os du Randt. Al terzo posto, a quota 15, tre giocatori: il centro Jaque Fourie, il mediano di mischia Joost van der Westhuizen e il seconda linea Danie Roussouw, che precedono la storica coppia di compagni di reparto Botha e Matfield a 14. Sul fronte anagrafico, il più giovane sudafricano a giocare ai Mondiali è stato il trequarti Frans Steyn che, il 9 settembre 2007 all’età di 20 anni e 118 giorni, ha giocato contro Samoa. All’estremo opposto, scomodiamo di nuovo Os du Randt, sceso in campo nella finale del 2007 contro l’Inghilterra all’età di 35 anni e 42 giorni. Giusto per non dimenticare nulla, Os du Randt fa anche parte di quel ristrettissimo gruppo di giocatori capaci di vincere due volte la Coppa del Mondo. Come lui, solo gli australiani Eales ed Horan.

 

I MONDIALI DEL 1995: QUELLI VINTI DA MANDELA
“One Team, One Country”. Il celebre slogan, coniato dall’allora Presidente della South Africa Rugby Union Edward Griffiths, evoca perfettamente quello che fu lo spirito del Mondiale sudafricano di rugby del 1995: non solo una competizione sportiva, ma uno straordinario e consapevole momento di vita civile che coinvolse un’intera nazione, un intero popolo, un’intera fratellanza, quella di colore nero, che di rugby, sport bianco giocato dai bianchi, non si era mai interessata. Anzi, proprio lo biasimava in quanto emblema, a livello sportivo, dell’apartheid.
Quel Torneo, senza esagerare, fu una delle manifestazioni sportive che più uscì dagli stadi e dall’ambito puramente agonistico per colorarsi di profondi significati sociali e umani. Il merito fu anche, se non soprattutto, di Nelson Mandela. L’idea era molto stuzzicante: fare del rugby lo sport che unisse la nazione. Proprio il rugby, giocato con quell’odiosa casacchina verde simbolo dell’apartheid, e che i neri andavano a vedere solo per tifare le nazionali avversarie. Prima mossa: convincere Pienaar, capitano Springbok, a fare della Nazionale e dei Mondiali un motivo di incontro collettivo, condiviso da tutta la popolazione. Mandela lo invitò a casa sua per un tè; quale modo migliore per conoscerlo e persuaderlo? Il resto lo fecero il carisma del Presidente, il suo ascendente sulla popolazione e la disponibilità dei giocatori della nazionale (tutti bianchi tranne Chester Williams) a imparare e intonare il nuovo inno nazionale, quel Nkosi Sikelele Afrika (God Bless Africa) vecchia canzone del repertorio culturale nero. Il copione era troppo bello per non essere rispettato.
Dopo le tre vittorie nella fase a gironi contro Australia, Romania e Canada, gli Springboks battono ai quarti Western Samoa e regolano 19-15 la Francia in semifinale. Si arriva così al 24 giugno 1995, giorno dell’atto finale contro gli All Blacks. Per capire l’atmosfera che si respirava quel giorno all’Ellis Park di Johannesburg, basti ricordare che prima dell’ingresso in campo un Boeing 747 della South African Airways volò ad altezza radente sullo stadio per augurare ai giocatori in maglia verde “Good Luck Booke”, come era scritto sulla parte inferiore delle ali. La partita fu tiratissima, tanto che gli ottanta minuti regolamentari si conclusero sul 9 pari, ma ai supplementari il leggendario drop di Joel Stransky regalò il successo al Sudafrica. Nei tre filmati riviviamo alcuni momenti chiave di quella storica partita: il passaggio mozzafiato del Boeing, la haka fronteggiata dagli Springboks e infine il fischio finale seguito dai festeggiamenti e dalla consegna della Webb Ellis Cup da parte di Nelson Mandela al capitano Pienaar.

 

RWC 1995: Sudafrica-Nuova Zelanda, passaggio Boeing

 

RWC 1995: Sudafrica-Nuova Zelanda, la Haka fronteggiata

 

RWC 1995: Sudafrica-Nuova Zelanda, fischio finale e consegna della Webb Ellis Cup

 

Roberto Avesani

 

Scopri le altre squadre del Torneo sino ad ora pubblicate: Inghilterra – Nuova Zelanda – Italia – Argentina – Australia – Galles – Francia – Irlanda – Scozia – Samoa – Fiji – Romania, Costa d’Avorio, Georgia e Giappone

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