Movimento Italia, quella parte di Ovalia dove la parola d’ordine è “scollamento”

Riflessioni a freddo su una settimana orribile. Ma i problemi usciti allo scoperto in quei giorni covavano da tempo

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Quella che sta per chiudersi è stata una settimana molto tranquilla: la nazionale italiana si è allenata senza alcun clamore preparandosi al Mondiale inglese di settembre. Questi sette giorni sono però stati preceduti da quella che può essere tranquillamente definita come una delle settimane più brutte della storia recente del rugby italiano. Forse anche un po’ più che recente. Il caso che ha dominato la scena è stato quello di Villabassa, con l’interruzione del ritiro di preparazione al Mondiale dopo una manciata di ore in virtù dello scontro tra FIR e giocatori scatenato dalla vertenza sui premi ma che covava da tempo su temi più “strutturali” come i diritti di immagine, i contratti assicurativi e più in generale una reale inquadratura professionistica del contratto degli atleti.

 

Ma questo è stato solo quello più eclatante, perché in un ambito di tempo davvero ristretto sono arrivati il pesante ko della nazionale U20 contro l’Argentina al Mondiale Juniores che si è giocato tra Emilia e Lombardia, il quarto in quattro partite in cui gli azzurini – che poi hanno vinto lo spareggio salvezza con Samoa – sono andati bene solo a sprazzi. E lo score degli azzurrini da anni non è certo soddisfacente. Anzi. La notizia che World Rugby con ogni probabilità non darà il finanziamento che la FIR aveva chiesto per “lo sviluppo del rugby” e che avrebbe girato al board del Pro12 per coprire gran parte di quei 5 milioni di euro circa di tassa d’ingresso che a tutt’oggi dobbiamo per ogni quadriennio nel torneo celtico, mettendo in ulteriore difficoltà le casse FIR.
Poi le parole rumorosissime di capitan Parisse, e infine la chiusura della trattativa FIR/giocatori dai contorni ancora non ben definiti.

 

A ben vedere, chiusura dello scontro con i giocatori a parte, l’unica notizia buona di quella settimana è arrivata dall’annuncio dell’accordo pluriennale con Discovery per i test-match, che però fa il paio con i diritti tv ancora tutti da assegnare per Pro12 ed Eccellenza del prossimo anno e che non si riescono mai a vendere oltre l’orizzonte della singola stagione con incassi per la federazione che praticamente non ci sono. Anzi, nel caso del massimo campionato italiano si chiedono oboli alle società per coprire parte dei costi di produzione.
Dimenticavamo: un sorriso è arrivato dalla nazionale Emergenti, che ha battuto a Tbilisi la Georgia e l’Uruguay. Una settimana che ha prestato il fianco a tonnellate di critiche e di attacchi nei confronti di chiunque: federazione e giocatori gli obiettivi più diffusi, ma non gli unici.

 

Ora, l’ambiente del rugby è sempre stato piuttosto litigioso – parecchio, a dirla tutta – e quello che è successo alla fine non stupisce più di tanto. Quello che colpisce è invece un senso generale di “scollamento” che non è una novità dell’ultima settimana ma che negli ultimi giorni ha preso un vigore che forse non avevamo mai conosciuto.
E’ come se buona parte dei nodi che da tempo tormentano il rugby italiano fossero stati portati in superficie in contemporanea. E le pezze messe alla bell’e meglio negli ultimi anni ormai non sembrano avere più la forza di tenere. Il nostro è un movimento fermo e stanco, che da qualche parte ha ancora molte energie inutilizzate, ma è come se questo carburante fosse stato dimenticato.
Servono uomini diversi? Forse, ma non bisogna dar troppo peso a questo aspetto perché rischia di diventare un falso problema o un alibi, come se tutto dipendesse da X o da Y.
C’è invece più bisogno di un cambiamento nell’approccio mentale, ci vogliono idee, progetti chiari e a lunga scadenza. Ci vuole un’analisi approfondita dei vari aspetti del nostro movimento. E sia chiaro che qui non si parla solo di FIR, un nuovo atteggiamento serve come il pane anche a livello di club.

 

C’è scollamento tra club e FIR, c’è scollamento evidente tra FIR e giocatori, negli ultimi mesi si era registrato un senso di scollamento tra gruppo azzurro e la sua guida tecnica. Lo stesso ct non è mai stato in grande sintonia con la presidenza federale. C’è scollamento tra base e l’alto livello, con un parte enorme del bilancio federale che viene fagocitato da quest’ultimo, con risultati che non arrivano, dirigenti che non cambiano per anni e anni a dispetto delle sentenze del campo. E intanto sotto, dall’Eccellenza in giù, si soffre e non si dà un panorama a medio-lungo termine.
Cosa più grave: ci sono i primi segnali di scollamento da parte degli appassionati, dei tifosi. Spingere l’alto livello va benissimo, ma non bisogna dimenticarsi di quello che c’è sotto e che alla fine consente di portare 70mila persone allo stadio Olimpico due o tre volte all’anno. Tifosi e appassionati continueranno a seguire una palla ovale finché rimbalzerà da qualche parte, ma non hanno firmato nessuna cambiale in bianco con chicchessia. Il loro appoggio non è “a gratis”. E lo hanno dimostrato in questi giorni quando non in pochi hanno attaccato i giocatori apostrofandoli come “mercenari”.
Accusa ingenerosa e – fatecelo dire – nemmeno troppo intelligente: i più contestati sono stati i senatori ma i vari Masi, Bortolami, Bergamasco sono ormai al termine della loro avventura azzurra e quindi avevano poco da guadagnare e davvero tanto da perdere (la stima di una parte dei tifosi appunto, che ora li insultano) da una battaglia così mediaticamente impopolare. Eppure hanno messo sul tavolo il rispetto che hanno accumulato lungo la carriera per chi invece ha ancora davanti a sé diversi anni di rugby giocato. Masi e compagni, come ha scritto anche Parisse, hanno messo in gioco se stessi per i Bacchin, i Violi, i Bisegni che oggi non hanno certo il loro “peso” da poter spendere in una trattativa di questo genere.

 

Scollamento dicevamo (ma il gruppo dei giocatori azzurri è compattissimo, anzi, lo scontro con la FIR lo ha reso ancora più unito), ma c’è da rimettere assieme i pezzi con gesti che diano un vero senso di cambiamento, di inversione di rotta. Non è la novità per la novità fine a sé stessa, che sinceramente di una roba così non ce ne faremmo nulla. Al rugby italiano non servono slogan, ma fatti e programmazione vera. O lo scollamento rischia di diventare rottura. E a volte i cocci non si possono più sistemare.

 

Il Grillotalpa

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