Staff, assistenti e management: quando la distanza passa dall’organigramma

Le dieci cugine celtiche hanno più forze a disposizione. E prendersi cura dei giocatori risulta più facile…

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Premessa numero uno: avere uno staff profondo è condizione abbastanza necessaria, ma non certo sufficiente, per competere nel rugby di alto livello. Premessa numero due: avere uno staff profondo e competente è condizione parecchio necessaria, seppur ancora non sufficiente, per competere nel rugby di alto livello. Premessa numero tre: gli staff delle due franchigie italiane sono nettamente meno profondi delle altre dieci squadre celtiche. Scorrendo i management presenti sui portali delle dodici squadre, infatti, balza subito all’occhio quanto quelli italiani siano meno articolati e in definitiva più semplici, rispetto ad organigrammi più sofisticati e completi e che nell’insieme di tutte le competenze abbracciano i principali aspetti della vita dentro e fuori del campo di uno sportivo professionista. Dal puro allenamento in campo alla corretta nutrizione, nulla nello sport professionistico deve essere lasciato al caso. Non solo, per capire in quale direzione si sta remando, fondamentali risultano anche quelle figure deputate a controllare che tutto sia svolto nel modo corretto, ma soprattutto a verificare costantemente i risultati del lavoro proposto, ovvero gli analyst. Il confronto con le dirette avversarie di Pro12 appare, però, molto squilibrato.

 

La caratteristica che più differenzia i management di Zebre e Treviso rispetto a quello delle altre squadre, è la loro quasi assoluta orizzontalità, e questo tratto è dovuto al minor numero di persone a disposizione. Nelle altre dieci squadre l’impostazione è di tipo verticale, con un livello superiore (senior o head) che ad ombrello controlla gli altri membri di quel settore. Prendiamo il caso della performance analysis. A Treviso essa è gestita da Martin Field-Dodgson (che è anche skills coach), mentre alle Zebre dal video analyst Leonardo Sisti. In otto dei dieci staff rimanenti, le figure deputate alla valutazione e all’analisi delle performance sono invece due, di cui una con maggiori responsabilità (head o senior) e una invece minori (assistant). Avere a disposizione uno staff verticale può permette a chi sta in cima di delegare una serie di incombenze più pratiche, concentrandosi su aspetti legati, per esempio, al miglioramento delle performance e della verifica dei risultati. E ciò vale anche per i ruoli più lontani dal campo, come uffici stampa e comunicazione (una figura per Zebre e Treviso, due per Glasgow, ben tre per Ulster).
Per quanto riguarda invece il coaching staff, ovvero gli allenatori, in tutte e dodici le squadre troviamo un head coach aiutato da due o più assistant coach. C’è che si occupa del pack di mischia (come Manuel Ferrari e Victor Jimenez dalle nostre parti), e chi invece ha un allenatore specializzato nella difesa (Ulster, Cardiff, Scarlets). Tutte le squadre hanno poi uno skills coach o allenatore della tecnica individuale.
Sul fronte salute, Treviso e Zebre sono in linea con quattro membri dello staff medico, due squadre nell’organigramma ufficiale tengono a precisare di affidarsi a specialisti di nutrizione e dieta (Munster e Ospreys), mentre Edimburgo ha un dentista di squadra.
In chiusura, nel management di diverse squadre si trova una figura deputata a controllare che tutto ciò che riguarda kit ed equipaggiamento dei giocatori sia a posto e in ordine (logistic manager, resource manager, kit man, team logistic manager). Ad Ulster, addirittura, ve ne è una che si prende cura di questo aspetto esclusivamente nel match day. La perfezione (e il professionismo), passano anche da queste cose.

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