Seconde squadre tra Pro12 ed Eccellenza: idee gettate sul tavolo un po’ così

Prima che essere buone o cattive le idee hanno bisogno di un quadro coerente. E questa non sembra averlo

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Una “squadra B” per Benetton Treviso e Zebre in Eccellenza. Una selezione dove vadano a finire sostanzialmente gli U21, dove possano riprendere gamba gli infortunati e trovare minuti quei giocatori che invece ne mettono assieme pochi nel Pro12. L’idea è stata rilanciata dal presidente Alfredo Gavazzi lo scorso venerdì a Selvazzano Dentro, in provincia di Padova, durante un incontro con i club veneti.
Una ipotesi niente affatto male, per nulla. Ci sono dettagli su cui discutere, da affinare, e c’è inevitabilmente qualche controindicazione (ma esiste qualcosa che non ce l’abbia?), ma il pollice da parte nostra non può che essere alto.

 

Bisogna però ricordare che il Benetton Treviso questo genere di soluzione lo aveva realizzato nella seconda metà del decennio scorso, quando l’ipotesi di prendere parte al torneo celtico si era fatta davvero concreta. Il club veneto mise in piedi una “squadra B” che dalla Serie C arrivò fino alla A, ma poi la FIR impedì il passo successivo vietando l’esistenza di una squadra simile: tempo, soldi e sforzi vennero così gettati via.
Treviso chiese in alternativa di avere una sua Accademia, e dopo il “no” federale chiese di poter mettere in piedi un sistema di giocatori con doppi contratti con le altre società venete per poter far partire un sistema di comunicazione virtuoso tra Celtic League ed Eccellenza. Anche in questo caso la risposta fu “no”. Il risultato è che oggi si sta ancora cercando di superare un sistema di permit player che non soddisfa nessuno.

 

Perché ricordiamo questo? Perché le cronache dell’incontro di venerdì ci raccontano di una proposta uscita un po’ per caso in risposta a un problema piuttosto specifico (la “perdita” dei giocatori che uscendo dall’U18 trovano scalini troppo alti – l’Eccellenza – se non addirittura insormontabili per la loro età/preparazione, ovvero il torneo celtico) segnalato da un dirigente biancoverde. Non era un punto in qualche modo prestabilito.
Una buona idea? Sì, certo, ci ripetiamo, ma buttata là, non inserita in nessun piano ad ampio spettro o panorama a medio-lungo termine. Il rischio di una idea-spot, di un annuncio che lascia il tempo che trova e che non trovi una sua concretizzazione è quindi elevato. Molto elevato.
Le “squadre B” possono andare anche bene, ma le domande sono altre: come fare a collegare una volta per tutte il torneo celtico al resto del movimento? Come rilanciare al contempo in maniera  sostanziale ed effettiva il nostro massimo campionato? Quale piano nel caso l’esperienza celtica dovesse finire? Le risposte da dare sono soprattutto queste, sennò facciamo solo un esercizio di stile. Che non serve un granché.

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