I due ex azzurri ci hanno raccontato la nuova realtà toscana, i suoi obiettivi, e l’occhio di riguardo per la preparazione all’alto livello…
E’ stata presentata il giorno venerdì 26 giugno a Firenze la nuova realtà del rugby toscano, I Medicei. La squadra, che disputerà i match interni al Padovani, raccoglie l’eredità del Firenze Rugby 1931 e dei Cavalieri Prato, ed è nata con l’obiettivo sportivo di riportare un club della regione in Eccellenza, e con quello morale di unire la palla ovale toscana sotto un’unica bandiera, tanto che il comunicato inviato alle redazioni dopo la conferenza stampa di presentazione del progetto titola “Nascono i Medici, la prima franchigia toscana”. Quattro le squadre che vedremo in campo: prima squadra maschile in Serie A, squadra seniores femminile in Serie A femminile, Under 18 Elite e Under 18 regionale maschile.
Il management è di primo ordine. Head coach della prima squadra è l’ex tecnico delle Fiamme Oro Pasquale Presutti, assistito da Luca Martin, 38 caps in azzurro e la scorsa stagione head coach del Cus Perugia. Ecco cosa ci ha raccontato.
Cosa ti ha convinto a sposare questo progetto?
Certamente è un progetto ambizioso: Firenze è una città importante, e il desiderio è quello di creare una realtà interessante. L’obiettivo è tornare ad avere una rappresentativa Toscana in Eccellenza, e questo è un motivo in più.
L’idea è quella di avere una forte rappresentatività. Spariscono i campanili?
La volontà è quella di rappresentare l’intero territorio e avere un respiro regionale, cosa che già avviene a livello istituzionale (lo sponsor Toscana Aeroporti ha nel simbolo la Cupola del Duomo di Firenze e la Torre di Pisa, ndr). Ormai si va verso a questa tipologia di rappresentative, come per esempio potrebbe accadere circa il futuro del Veneto con i Dogi, che rappresentano realtà tra loro diverse e divise da rivalità. Queste divisioni fanno sì parte del nostro sport, ma è possibile anche superarle con una visione comune.
Hai già lavorato assieme a Pasquale Presutti?
Mi ha allenato a Padova, lo conosco bene e lo stimo. Con il Petrarca ha vinto da allenatore uno scudetto, alle Fiamme Oro invece il trofeo Eccellenza e raggiunto quest’anno i playoff, ma soprattutto ha creato un gruppo dove in passato era stato difficile farlo. Può sembrare forse un uomo d’altri tempi, ma è molto competente e difficilmente sbaglia.
Denis Dallan, 42 partite in azzurro, sarà invece il responsabile dello scouting e guiderà il progetto di formazione per l’alto livello. Con la sua attività, avrà il compito di creare un ponte ideale tra Firenze, base della nuova realtà, e tutta la regione, coinvolgendo le società in modo che abbiano un ruolo attivo. Inoltre, nel periodo estivo off season coordinerà il progetto di formazione rivolto a quei giovani considerati di interesse per la prima squadra, valorizzando quanto i vivai regionali offrono.
Punterete molto sul coinvolgimento del territorio. Come vi muoverete?
Il mio ruolo sarà andare nelle società e coinvolgerle, trovando una formula che permetta loro di sentirsi parte attiva di questo progetto, per esempio attraverso la presenza di giocatori in loro rappresentanza. Ciò avverrà non solo dal punto di vista tecnico, ma anche attraverso un percorso di marketing e comunicazione che metta al centro il “made in Tuscany” e in generale la valorizzazione di quanto il territorio offre. Vogliamo che i giocatori toscani non siano costretti a trasferirsi per giocare a livello superiore, dando inoltre loro la possibilità di rappresentare la propria regione.
In questo si rispecchia il vostro essere una franchigia. In ottica prima squadra i giovani dovrete identificarli e formarli…
Frequento da anni il territorio e i club toscani: ho avviato il progetto I Titani, assistito agli allenamenti e alle partite e in generale frequentato i centri di Formazione e le Accademie. Stringerò rapporti ed individuerò giocatori tramite attività di scouting, per poi mettere in pratica un programma specifico di preparazione atletica e fisica. Se vogliamo preparare i giocatori all’alto livello bisogna iniziare dalla base, dai 16 anni, quando mente e corpo sono elastici e predisposti. Senza mai ovviamente stressare il ragazzo, né fisicamente né mentalmente. Già questa estate inizieremo con alcuni ragazzi del Centro di Formazione Under 16, e saranno loro a rappresentare la prima squadra un domani. Non bisogna solo lavorare sulla squadra, ma sul singolo.
Cioè?
Spesso si cura l’aspetto squadra e generale, ma un potenziamento della tecnica individuale del singolo giocatore oggi non viene fatto. Sono convinto che se voglio alzare il livello di gioco collettivo, devo alzare il livello del singolo giocatore. Abbiamo stretto collaborazioni con Ado Gruzza, Presidente dell’Accademia Italiana della Forza e Responsabile Area Didattica della Federazione Italiana Power Lifting, e con il Dottor Ceccarelli di Formula Medicina, che si occupa di preparazione mentale e decision making sotto stress.
Cosa ti ha colpito di questo progetto e quali sono gli obiettivi?
L’idea del gioco di squadra e del comune obiettivo. C’è poca dispersione economica e di formazione, perché scegliamo ragazzi del territorio e li formiamo. Avendo un bacino importante, l’obiettivo è creare struttura solida. Magari l’Eccellenza non arriverà subito, ma l’obiettivo è arrivare ben formati e con la macchina in moto entro due tre anni. Il successo sarà inoltre coinvolgere tutto il territorio. Fiorentini, pisani, livornesi, pratesi…tutti devono essere contenti se vince la squadra della Toscana!
Avete rotto un paio di campanili in una regione storicamente molto divisa…
Vero, qui i campanili sono molto sentiti. Ma questo è il momento giusto per aprire i cancelli, oppure ognuno si atrofizza perché oggi il rugby si evolve in maniera molto veloce. Non dobbiamo aspettare e vedere cosa fanno gli altri, ma muoverci insieme costruendo l’elite in casa nostra, partendo da una visione comune. Il Veneto, per esempio, ha una grande risorsa, che è la formazione di allenatori e manager, e un simile progetto avrebbero grandi profitti, e potrebbe portare ad una svolta a livello generale, nel nome di una maggiore competitività sportiva.
Di Roberto Avesani
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