Speciale Rugby World Cup 2015: le città – Brighton

Da piccolo villaggio di pescatori, a centro balneare d’élite; da località turistica di massa, a città universitaria progressista e anticonformista

ph. VisitBritain - Rod Edwards

ph. VisitBritain – Rod Edwards

Siamo sulla costa meridionale dell’Isola, a poco meno di un centinaio di chilometri da Londra, nella porzione orientale del Sussex. Brighton, insieme ad Hove, costituisce l’omonimo distretto.

 

Qualche decina di modeste casette sparse in un’estensione di non più un quarto di miglio quadrato digradanti verso il mare: così è rappresentata Brighton (Brighthelmstone) in una antica stampa della metà del XVI secolo conservata al Museo di Hove. Un povero villaggio di pescatori la cui spiaggia subiva la continua erosione del mare. Se accostiamo questa romantica veduta a un quadro del 1826-27 di John Constable (ora alla Tate Gallery) che raffigura la marina di Brighton, possiamo cogliere l’imponente sviluppo subìto dalla città nel primo quarto dell’Ottocento: in primo piano vediamo ancora pescatori e marinai occupati nei tradizionali lavori della cura delle reti, ma sullo sfondo, oltre il caratteristico pontile sospeso (costruito nel 1823), si staglia una maestosa sfilata di grandi edifici e alberghi, orgogliosi prodotti dell’ingegneria moderna che testimoniano come il luogo sia entrato appieno nel flusso delle travolgenti trasformazioni della società inglese del XIX secolo.
La mutazione è stata rapida, ma i lenti inizi dello sviluppo si collocano intorno alla metà del Settecento dopo un lungo periodo di declino dovuto a una serie di vicende economiche e ambientali che avevano messo in crisi la attività della pesca a cui era legata da sempre l’esistenza del villaggio. Caduta della domanda, erosione delle coste, una successione di eventi climatici sfavorevoli (catastrofiche burrasche con disastrose distruzioni) avevano ridotto la popolazione del borgo ben al di sotto delle circa quattromila unità che lo popolavano a metà Seicento.
Nella società europea del ‘700 si sviluppò, prima timidamente e come fenomeno che interessò ceti assai ristretti, poi in forma sempre più ampia, quella che si potrebbe definire la cultura del benessere fisico, delle terapie naturali connesse al recupero e mantenimento della salute, delle vacanze e dello sport. E l’Inghilterra ne fu l’antesignana; e, in Inghilterra, Brighton divenne in pochi anni una delle capitali di questa cultura.
Il processo fu avviato da iniziative per metà sanitarie e filantropiche e per l’altra metà commerciali (secondo una mescolanza settecentesca abbastanza comune). Vi erano medici che sostenevano (anche in trattati che godettero di una certa notorietà) i benefici effetti delle acque minerali che il luogo poteva offrire e delle immersioni nel suo mare – con fantasiosi corollari di qualità terapeutiche attribuite all’ingerimento di tali liquidi –.
Sorsero così degli edifici destinati a ospitare i ricchi borghesi e gli aristocratici che potevano permettersi quei soggiorni salutari e di svago. Particolarmente rinomata la dimora aperta dal dottor Richard Russell (1750) che, a partire dagli anni Settanta, il duca di Cumberlad (fratello di Giorgio III) prese a frequentare periodicamente trasmettendo il proprio apprezzamento al nipote, il principe di Galles (futuro sovrano Giorgio IV dal 1820 e Principe Reggente dal 1811) il quale dai primi anni Ottanta ne fece uno dei propri luoghi favoriti. Addirittura, vi stabilì discretamente la propria amante e vi si fece costruire un esotico edificio, il Royal Pavilion (adibito, negli anni della Prima guerra Mondiale, a grande ospedale militare). Ovviamente la presenza del Principe fece di Brighton uno dei siti di vacanze e di mondanità più ricercati dall’alta società britannica del tempo.

ph. VisitBritain  Britain on View

ph. VisitBritain Britain on View

La vetusta fisionomia di periferico villaggio di pescatori fu cancellata definitivamente da un paesaggio urbano composto da eleganti residenze georgiane (un significativo esempio la Marlborough House sull’Old Steine, costruita da Robert Adam nel 1765) che ancora oggi costituisce una cifra della città.
La famiglia reale, troppo numerosa al tempo della regina Vittoria per il Royal Pavillon, lasciò Brighton alla metà dell’Ottocento per l’Isola di Wright, ma la città conservò anche nei decenni successivi questo carattere aristocratico di meta di lusso per le vacanze dell’upper class britannica.
È l’epoca dei sontuosi alberghi sul mare (famosissimi il Bedford Hotel del 1829, il Grand Hotel del 1864, il Metropole Hotel del 1890) residenze dorate lontane dai drammi sociali che si consumano nelle grandi città sconvolte dalla travolgente industrializzazione. La quale tuttavia non risparmiò neppure Brighton dove, nel 1841, fu aperta una delle più importanti officine ferroviarie d’Inghilterra (che fino al 1957 ha sfornato migliaia di locomotive a vapore, diesel ed elettriche).
Negli anni successivi la città si arricchì della School of Art (l’embrione del Politecnico che fu fondato solo nel secolo successivo) e fu teatro dell’attività di un importante esponente del movimento anglo-cattolico (il reverendo Wagner) che si prodigò per l’edificazione di numerose chiese.

Superato il trauma della Prima Guerra Mondiale, Brighton conservò quasi inalterata la propria fisionomia urbana fino alla metà del secolo. Nel secondo dopoguerra subì, invece, profondi cambiamenti prodotti dalla nascita di un turismo assai diverso da quello elitario dei decenni precedenti e dalla fondazione dei due atenei cittadini, l’University of Sussex (nel 1961) e il Politecnico, University of Brighton (nel 1992) che innovarono profondamente la composizione sociologica della città.
Tutti eventi che inevitabilmente ebbero grosse ripercussioni sull’assetto urbanistico rimodellato dalle esigenze abitative e dai bisogni sociali di una massa di migliaia giovani.
Il centro di Brighton si riempì di locali (pub e ristoranti) e molti suoi edifici dovettero riconvertirsi per far fronte alle nuove richieste di alloggi.

 

Da ricordare che, negli anni del governo Tatcher, le università di Brighton furono il centro di una opposizione politica assai vivace che avanzava richieste radicali concernenti la vita dei giovani e che sfociò in forme di lotta incentrate sul diritto alla casa e allo studio. Nacquero associazioni per garantire abitazioni a basso costo a studenti e cittadini non abbienti che portarono a occupazioni e alla fondazione di cosiddetti “Stati popolari” (The People State of Trumpton e The Peoples State of Chigley) per contrastare la demolizione delle vecchie costruzioni a scopi speculativi.
Ironia della storia: da capitale di un turismo elitario, Brighton si era tramutata in una variopinta e progressista città universitaria.

 

Un po’ di storia non guasta mai. Testimonianze di insediamenti risalenti al neolitico sono state trovate in scavi condotti nel secolo scorso – cerchi concentrici di tumuli e fossati, sepolture collettive (Waldegrave Road) –. Nell’Hove Park fa bella mostra di sé la cosiddetta Goldstone, un grosso masso che, probabilmente, insieme ad altri formava un luogo sacro per i druidi. D’altra parte tutto il Sussex è costellato di vestigia celtiche dell’età del bronzo e del ferro (particolarmente interessante il cosiddetto Cissbury Ring la seconda “collina fortificata” d’Inghilterra, a circa sedici chilometri da Hollingbury, zona settentrionale di Brighton-Hove).
Notevoli anche i resti archeologici del periodo romano: vestigia di una villa risalente agli inizi del II secolo situata ai margini sud dell’attuale Preston Park e di una fattoria (portata alla luce da una campagna di scavi condotta nel 1999) a Rocky Clamp (Stanmer Park, Brighton-nord). Il museo di Brighton esibisce due piccoli busti di terracotta trovati in una sepoltura. La strada romana che si snodava sulla costa meridionale dell’Inghilterra transitava per l’attuale Brighton, ma non ci sono prove di un vero e proprio centro abitato; d’altronde è svanita ogni traccia delle probabili fortificazioni della costa, del tutto cancellate dall’erosione, così come non c’è testimonianza di alcun toponimo latino. È solo alla successiva epoca sassone che risalgono le prime attestazioni dell’origine del nome di Brighton (Beorhthelm’s farm), epoca che ci ha lasciato, nell’attuale quartiere di Seven Dials, una vasta area sepolcrale (VI-VII secolo). Neppure queste sepolture sono tuttavia sufficienti a provare l’esistenza di un consistente centro abitato: la Brighton sassone non era probabilmente più che un piccolo approdo.
È solo a partire dalla feudalizzazione normanna – il territorio venne assegnato da Guglielmo il Conquistatore a suo genero Guglielmo di Varennes, Primo Conte del Surrey – che abbiamo effettiva prova dell’esistenza di un insediamento permanente. Della Brighton medievale restano un fonte battesimale del XII secolo, nella chiesa parrocchiale di San Nicola, e pochi affreschi sopravvissuti in un’altra chiesa del XIV secolo (St. Peter’s Church), anch’essa più volte pesantemente rimaneggiata.
Nel 1511 durante la Guerra della Lega di Cambrai, la città fu rasa al suolo dai Francesi.
Durante gli anni della restaurazione cattolica voluta dalla regina Anna, anche Brighton ebbe i propri martiri (il primo dei trentasei del Sussex fu, nel 1555, Deryk Carver).
Il Sussex Yacht Club commemora ogni anno con una regata (Royal Escape Yachts Race) la fuga di Carlo II verso la Francia dopo la sconfitta di Worcester del 1651.

Torniamo ai giorni nostri. Insomma, per come ve l’abbiamo raccontata, la storia di Brighton si potrebbe riassumere così: da piccolo villaggio di pescatori (nemmeno troppo pittoresco), a centro balneare d’élite; da località turistica di massa, a città universitaria progressista, antagonista e alternativa. Come non menzionare la rappresentazione che ne dà “Quadrophenia” (film del 1979, diretto da Franc Roddam, ispirato dai brani dall’omonimo – straordinario – album degli Who) dove fa da palcoscenico a un violento scontro (realmente verificatosi nel 1964) fra mods (che sta per modernists) e rockers, in quella che viene ricordata come la “battaglia di Brighton”?
Per la generazione dei quarantenni di mezza Europa ha rappresentato un meta classica delle vacanze-studio (che, a essere franchi, si traducevano in un beato soggiorno lontano da casa nel quale più che imparare l’inglese si sperimentava lo sperimentabile e, tornati alla propria dimora, non solo ci si sentiva padroni della lingua – figurarsi –, ma navigati padroni del mondo…).

Per anni effettivamente è stata (e ancora parzialmente resta) una città d’avanguardia, anticonformista, eccentrica, non convenzionale con i suoi tanti bar, i locali gay, i ristoranti bohemian… Ma non dimentichiamoci che la Capitale è a un tiro di schioppo e questo rende Brighton esternamente interessante sotto il profilo commerciale. È sempre effervescente, con i suoi festival estivi, l’infuocata vita notturna, il suo cosmopolitismo pop e la grande presenza di giovani (stanti le due prestigiose sedi universitarie). Tuttavia è innegabile che gli anni ruggenti sono passati e che alcune delle sue prerogative stiano andando via via disperdendosi. Qui come in qualsiasi altro posto del mondo. Per questo vi suggeriamo di sfruttare l’occasione della Rugby World Cup per non perdervi quella di visitarla.

 

Ecco come raggiungerla:
In treno da London Victoria con la Southern Railway, con i treni più veloci, impiegherete circa 1 ora (partenze regolari).
I bus della linea 025 National Express partono alla volta della Brighton Pool Valley Coach Station 3 volte alla settimana da Victoria Coach Station; il viaggio dura più o meno 2 ore e mezza.
In auto da Londra (poco meno di 100 Km), sulla dirittura M23 che confluisce nella A23, ci vorranno, traffico permettendo, 1 ora e 30 minuti.
L’aeroporto della Capitale più comodo è sicuramente Gatwick che dista da Brighton all’incirca 45 Km (per una cinquantina di minuti di viaggio).

In ogni città toccata dal Torneo (oltre che in quella di Rugby) saranno allestite delle Fanzones, aree superattrezzate per accogliere al meglio appassionati e tifosi. Ogni Fanzone avrà le sue peculiarità, secondo le tipicità del territorio. Vi si svolgeranno eventi e attività di animazione (musica e giochi), si potrà acquistare il merchandising ufficiale, mangiare e, c’è da scommetterci, scorreranno fiumi di birra. Per saperne di più.

 

Per saperne di più visitbritain.com

 

Francesca Lupoli

 

Scopri le altre mete della RWC 2015: Londra, parte 1 – Londra, parte 2 – Londra, parte 3 – Leeds – Exeter – Cardiff – Birmingham – Manchester – Newcastle  – Gloucester – Leicester – Milton Keynes

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