Rugby e TV: quando l’Italia viaggia assieme all’Ovalia più evoluta

Nel Regno Unito il Sei Nazioni resta in chiaro, da noi l’offerta gratuita è in espansione

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

L’edizione 2019 del Sei Nazioni avrebbe potuto rappresentare una svolta non da poco nella storia del torneo. Per la prima volta nel Regno Unito, infatti, a trasmettere le partite del torneo in diretta e in esclusiva avrebbe potuto essere una pay-tv. Come ricostruito la scorsa settimana, in pole position per l’acquisizione dei diritti sembrava esserci Sky Sport, dopo che il broadcaster della Premiership BT si era defilata dalla corsa. Per salvare la messa in onda in chiaro dell’evento c’è voluta allora un’unione di forze tra BBC e ITV. Ma nonostante questo, l’offerta proposta sembrerebbe essere stata comunque inferiore rispetto a quella proposta dal gruppo Murdoch. Il Board del Sei Nazioni, a questo punto, ha valutato quali effetti negativi avrebbe potuto provocare il trasloco nella parte di etere a pagamento, e le conclusioni sono state presto tratte: facendo le dovute proporzioni e commutazioni, la maggiore offerta di Sky non giustificava un simile cambiamento. Almeno fino al 2021, si resta in chiaro.
Eppure, qualcuno potrebbe pensare che in quattro dei paesi in cui la palla ovale ha più popolarità e visibilità mediatica, un eventuale passaggio alla pay-tv non avrebbe sconvolto più di tanto la platea di appassionati e tutte le parti coinvolte, diversamente da quanto magari potrebbe accadere in un paese molto meno ovale come il nostro, in cui il rugby necessita di spazio televisivo che sia il più accessibile possibile. Ma così non è, o almeno così non è stato valutato, e le parole di Bill Beamunt, Council Chairman del Six Nations, lo confermano: “Siamo entusiasti di poter lavorare con entrambe le televisioni, continuando a sviluppare interesse per il Championship e crescita per il gioco nei confronti delle future generazioni”.

 

Ciò che è accaduto in questi giorni Oltremanica, è incoraggiante anche se riferito alla situazione televisiva del rugby in Italia. Se nelle Unions europee più sviluppate di Ovalia la tendenza è continuare a proporre rugby in chiaro, ciò accade con sempre maggiore forza anche in Italia. E la recente notizia che DMAX trasmetterà i Test Match degli Azzurri fino alla fine del 2018 ne è una conferma. Più in generale, quella che si è appena conclusa è una delle stagioni a maggior tasso di rugby in chiaro che i palinsesti italiani abbiano mai conosciuto, tra Sei Nazioni, Pro 12, Top 14 ed Eccellenza. E’ innegabile che tra i maggiori sport di squadra il rugby sia uno di quelli più disponibili e presenti sul digitale terrestre. Su quantità e qualità (sportiva, non sempre tecnica purtroppo) dell’offerta, il confronto con basket, pallavolo e men che meno calcio non regge. Così come è innegabile che molti dei più o meno fedelissimi di oggi siano entrati in contatto con la palla ovale grazie all’ingresso dell’Italia nel Sei Nazioni e di riflesso alla messa in onda delle partite sulla Rai prima e su La 7 poi, con quest’ultima che ha avuto nelle stagioni passate un ruolo fondamentale se non decisivo nel far uscire la palla ovale dalla nicchia in cui in Italia era relegata. Erano gli anni della prima sbornia, non vi erano Serie A e Serie B di calcio spezzatino che giocavano ad ogni ora del sabato e della domenica, ma il milione e quattrocentomila spettatori che il 4 febbraio 2006 si sintonizzarono su La7 per Irlanda-Italia restano un traguardo («Il rugby rischia uno stop del suo sviluppo […] noi non abbiamo bisogno di soldi, ma di gente che ci guardi», dichiarò l’allora Presidente federale Dondi a Repubblica dopo l’annuncio che solamente Sky avrebbe trasmesso le partite in dirette del Sei Nazioni nel quadriennio 2010-2013).

 

Comunque, al di là dei numeri televisivi e della loro recente contrazione (tra contemporanea diretta del campionato di calcio, dirette streaming legali e non, e maggior numero di emittenti che trasmettono le dirette della Nazionale), e in attesa di conoscere i palinsesti della prossima stagione (grandi stravolgimenti non dovrebbero esserci, e la Nazionale è in chiaro per altri due anni, RWC a parte), la presenza della palla ovale sui canali del digitale è elevata, e la crescita di di tifosi e praticanti registrata dal 2000 ad oggi è dovuta in parte anche a ciò. A distanza di quindici anni dall’ingresso nel Sei Nazioni, il rugby riscuote ancora successo, o quantomeno la fiducia delle emittenti. Di questi tempi e di questi ranking, non è poco. Quello che oggi manca è un corrispettivo “successo” economico della questione, con diritti tv che portino effettivamente soldi freschi nelle casse FIR, specialmente sul fronte Eccellenza e Pro12. E questa è un’altra vicenda.

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