A sostenerlo è uno studio di tre anni finanziato da World Rugby e NZRU
Non c’è nessun legame tra il rugby e problemi di salute e a lungo termine, che possono magari comparire anche diversi anni dopo la fine dell’attività sportiva. A sostenerlo è uno studio della Auckland University of Technology finanziato e sostenuto dalla federazione neozelandese e da World Rugby, che per tre anni (da ottobre 2012 a marzo 2015) ha analizzato, studiato e monitorato 281 ex giocatori di rugby a livello amatoriale e 73 ex atleti di sport che non prevedono contatto fisico. I ricercatori hanno poi comparato i risultati ottenuti con le condizioni fisiche e cognitive di ex rugbisti che hanno giocato tra gli anni 80 e il 2000.
“La ricerca prova che non c’è una correlazione tra il rugby e problemi di salute, fisici e cognitivi, a lungo termine. Non solo, lo studio dice che la condizione degli ex rugbisti è sostanzialmente in media con altre discipline: un po’ più alta con alcune e più bassa nel confronto con altre”. A parlare così è il CEO di World Rugby Brett Gosper.
Lo studio è stato salutato con favore dal responsabile dell’ International Rugby Players’ Association, Rob Nichol, che però ha detto di non ritenerlo conclusivo e che spera spinga la ricerca a nuovi test in futuro.
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