“Club-or-Country clash”: da Tolone vento di guerra in chiave internazionale

In un’Ovalia con club sempre più potenti, Boudjellal lancia l’aut aut ai suoi giocatori. E gli interessi in campo sono molteplici…

ph. Andrew Couldridge/Action Images

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La stampa inglese già la chiama “club-or- country clash”. Il nome dice già tutto, se non molto. La prossima stagione finirà il 28 maggio per Pro12 e Premiership, quasi un mese più tardi (24 giugno) per il Top14. Quando, cioè, già sono in programma le prime partite della finestra internazionale estiva 2016. E c’è chi di questo è molto preoccupato. Non le squadre con molti nazionali francesi, in quanto la FFR ha già fatto sapere che non verranno convocati per il tour dei Bleus in Argentina i giocatori di squadre coinvolte nei playoff. Ma se vi dicessero che dovrete fare a meno di Habana, Vermeulen, Giteau, Mitchell, Fernandez-Lobbe e Halfpenny, che avete pagato (e non poco) ma che non potrebbero scendere in campo nelle partite più importanti della stagione, come la prendereste?

 

Stiamo parlando, ovviamente, del caso Tolone. Il cui patron Boudjellal dalle pagine di The Rugby Paper ha espresso una dura presa di posizione: “Ai giocatori che non saranno qui al club alla fine della prossima stagione, chiederemo di trovarsi un’altra squadra. Per noi sarebbe un grosso problema”. Restano i vari Armitage e O’Connell, rispettivamente per la policy della RFU sugli overseas e per il ritiro internazionale dell’ormai ex terza linea di Munster e dell’Irlanda, ma il resto delle assenze è davvero pesante. Vanno diversamente le cose in Premiership, dove gli Harlequines hanno assicurato alla Federazione gallese che rilasceranno il neo-acquisto Jamie Roberts tutte le volte che i Dragoni lo richiederanno. Ma, e la cosa influisce non poco, per eventuale semifinale e finale lo avranno a disposizione. Alcuni ricorderanno cosa successe con North, quando i Saints vennero multati per aver rilasciato l’ala gallese affinché disputasse un match internazionale al di fuori delle finestre “legittime”: 60.000 sterline (20.000 per ogni anno di contratto) di multa ad un club che permette ad un proprio giocatore di scendere in campo con la propria nazionale. La domanda sorge allora spontanea: quanto i club riusciranno ad influenzare la “normale” vita delle nazionali, e soprattutto è possibile trovare un equilibrio tra le pretese di Boudjellal e quelle delle Federazioni?

 

Qualcuno potrebbe iniziare col sostenere che nessuno ha ordinato a Boudjellal di riempire la sua rosa di giocatori internazionali stranieri. Qualche francese in più, e le cose stavano diversamente. Le scelte “pagano” (tra scudetti e Champions Cup) ma anche “si pagano”. Da considerare vi sono però tutta una serie di fattori di natura non puramente sportivo, ma che ormai appaiono inevitabili con la strada che il rugby ha intrapreso. Se un presidente ingaggia un giocatore pagandolo profumatamente per vincere, perché non può averlo a disposizione nelle partite più importanti della stagione? Se una società imposta una campagna abbonamenti con un certo prezzo e a fronte di una certa qualità della rosa, perché i tifosi paganti dovrebbero essere privati della possibilità di vedere in campo i vari Habana, Giteau, Mitchell, Vermeulen e chi più ne ha più ne metta? Non solo, ma c’è anche una questione di diritti televisivi (e qui forse si capirà in parte la multa ai Saints): chi organizza un campionato, in sede di trattative per la vendita dei diritti di messa in onda fa leva anche, se non soprattutto, sulla qualità dello spettacolo sportivo che offre ai broadcaster interessati. I quali, tuttavia, potrebbero storcere il naso e non poco sapendo che un’eventuale finale Tolone-Stade potrebbe essere giocata senza tutti gli internazionali non francesi.
Resta il fatto, difficilmente confutabile, che il rugby internazionale rappresenta il massimo che Ovalia esprima, e il traguardo di ogni giocatore. In futuro serviranno regole sempre più chiare sul rilascio dei giocatori, anche stabilendo per ciascuno se e quando metterlo a disposizione, permettendo agli staff delle selezioni di programmare la stagione, e alle società di sapere esattamente che strada costruire. Piegarsi completamente alle richieste dei club è un grosso errore, ma pure ignorarli completamente potrebbe essere contro produttivo, e innescare una lotta di cui c’è davvero poco bisogno.

Di Roberto Avesani

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