Presidente e vice Presidente della franchigia ducale spiegano il progetto e promettono massimo impegno
In occasione della conferenza stampa di presentazione del nuovo CdA delle Zebre, abbiamo scambiato qualche parola con Gianluca Romanini, neo Presidente, e Daniele Margarita, vice Presidente assieme a Egidio Amoretti.
Molti di voi, dal punto di vista sportivo, non hanno esperienza nel rugby di alto livello. Cosa vi ha spinto ad entrare nella proprietà delle Zebre?
GR: “Non siamo espressione di poche persone, ma di tante. Ognuno di noi rappresenta altre realtà e associazioni, che hanno sostenuto e in parte contribuito a questo progetto. La volontà che ci ha convinto a intraprendere questa strada è stata soprattutto quella di aiutare una squadra di alto livello, consolidandone la presenza nella sede in cui è nata. E’ una sfida importante, ci rendiamo conto delle difficoltà ma l’abbiamo accettata. Con lavoro, metodo e progetto faremo belle cose. L’entusiasmo non manca, così come la passione, vero motore dell’iniziativa”.
DM: “Dalla scorsa estate siedo nel Consiglio delle Zebre. Ora però abbiamo una grossa opportunità: fare qualcosa di nuovo nel panorama rugbistico italiano, dove ciascuno di noi mette a disposizione la propria professione e professionalità. Possiamo creare un esempio, e puntiamo a divenire un punto di riferimento. Personalmente poi, devo molto al rugby, e mi è sembrato doveroso dare un contributo per aiutare questa importante realtà sul territorio di Parma.
Temete che il carattere “eterogeneo” dell’assetto societario, rispetto per esempio ad un unico, maggiore, proprietario, possa determinare scarsa fiducia nel vostro progetto?
GR: “Ci sono tanti esempi in cui l’azionariato popolare ha fatto bene. Certo, ci sono gradini da superare, ma sono ottimista. Non siamo certo da soli, e ringrazio la Federazione che continua a dare una mano. Noi dobbiamo dare il nostro contributo, da uomini di azienda quali siamo. Vogliamo mettere la squadra in condizioni di serenità e tranquillità.
DM: “Possiamo creare un’inversioni di tendenza. Riteniamo sia meglio la pluralità, rispetto ad un imprenditore che monopolizza la proprietà. Nello sport italiano c’è un brutto file rouge: quando il vento gira, le società falliscono e chiedono aiuto. Questo è un problema dello sport italiano, che spesso dipende strutturalmente dal mecenatismo di un solo imprenditore. Serve un progetto per far durare le cose, ed è quello che vogliamo fare.
Un’organizzazione sportiva persegue un risultato sportivo, un risultato economico, e ormai sempre un risultato sociale. In quale gerarchia?
GR: “Il risultato sociale resta per noi una priorità. Abbiamo da subito cercato e avuto dialogo con il Comune (alla conferenza stampa era presente l’Assessore allo Sport, ndr). Risultato sportivo e risultato economico vanno di pari passo: se si crea un prodotto di qualità, allora tutto è più facile, e anche per gli spettatori è più facile affezionarsi, ed è indubbio che ottenere un risultato sportivo positivo sia fondamentale. Il Mondiale Under 20 ha avuto una grande risposta, creando un tavolo di lavoro importante: se il prodotto è di qualità, allora le cose funzionano.
Di Roberto Avesani
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