Le quattro squadre, per un motivo o per l’altro, escono in parte ridimensionate dal torneo. E pure i direttori di gara…
Un altro Championship è andato. Per la prima volta da quando il torneo è stato allargato all’Argentina, non sono stati gli All Blacks a trionfare. La “finale” di Sidney ha incoronato l’Australia d Cheika, capace di battere la Nuova Zelanda 27-19 aggiudicandosi con merito e caparbietà il torneo. Qualche ora più tardi, a Durban, l’Argentina centrava la seconda vittoria del suo torneo e la prima in trasferta, annichilendo il peggior Sudafrica degli ultimi anni.
Australia: le tre vittorie, soprattutto l’ultima in ordine di tempo, avranno un grosso impatto soprattutto sul morale della squadra. A pochi mesi dal Mondiale, non c’è modo migliore di caricarsi che battere consecutivamente i numeri due e i numeri uno al mondo. La partita contro gli All Blacks è stata vinta dai giocatori in campo ma anche dallo staff: rispetto alle uscite precedenti sono stati innegabili i miglioramenti in mischia ordinata, nella pulizia del breakdown e sulla collisione. I primi cinque Wallabies hanno alzato la voce, e la squadra ha risposto bene. Senza contare Pocock e Hooper, che possono benissimo coesistere in campo. La strada è quella giusta, il lavoro di Ledesma potrebbe dare ottimi frutti (restano da sistemare le touche). In regia, un’altra musica con Toomua e White, mentre nella linea veloce Mitchell e Giteau in quello che fanno danno sempre un senso di sicurezza.
All Blacks, giornata no: la giornata storta capita a tutti, e come molti avranno pensato per Hansen e lo staff è meglio sia arrivata ora che ai Mondiali. Degli All Blacks così poco efficaci in difesa e poco consistenti palla in mano, però, era da un po’ che non si vedevano. Aaron Smith, metronomo delle manovre, si è incartato trovando poca velocità e scelte mal eseguite, Sonny Bill Williams non ha inciso e la terza linea non ha allargato gli spazi. Enorme nota positiva Milner-Skudder, che fa tirare un sospiro di sollievo dopo il ko di Naholo. Giocatori diversissimi, vero, ma l’attitudine a finalizzare non manca.
Pumas, e sono due: nel risultato di Durban vi sono il demerito di un Sudafrica in confusione e poco disposto al combattimento, ma soprattutto il merito di un’Argentina entrata in campo a mille e che ha tenuto sempre schiacciato. Che i Pumas non mollassero un metro mettendo tutto se stessi si sapeva, che avessero la maturità per gestire un vantaggio è invece il maggiore lascito dell’ultima partita del Championship 2015 e in generale del torneo. Dopo la vittoria sull’Australia, un’altra importante tappa nel cammino di crescita della Federazione.
Sudafrica: la peggiore stagione nel Super Rugby coincide anche con un disastroso Championship. La sconfitta contro gli All Blacks ha messo eccome dei tarli nella testa, e non si può chieder ai vari Pollard, Krieloe de Jagger di scacciarli. La non reazione contro l’Argentina è più unica che rara, con una squadra completamente nel panico e incapace di ritrovare unità ed efficacia. Abbiamo sempre scritto che il ricambio non manca e che in campo sul piano tecnico l’assenza di gente come Matfield, Steyn o du Preez non si sarebbe fatta sentire. Ma se ad un mese dal Mondiale i giganti Springboks si scoprissero, improvvisamente, deboli di testa? La sensazione è che se per gli All Blacks si possa parlare di incidente di percorso, per il Sudafrica la situazione sia invece più profonda.
Giocate da touche: con difese sempre più aggressive, placcaggi ad imbragare e quant’altro, le fasi statiche stanno diventando occasioni sempre più importanti per marcare. L’abbiamo visto con la meta di McCaw che ha dato ai suoi la vittoria contro il Sudafrica, ma anche con la giocata di Hibbard nella prima meta gallese contro l’Irlanda, o nella corsa di Pocock dopo finta cassaforte che ha ingannato il pack tutto nero. Ai Mondiali, molto probabilmente, ne vedremo parecchie di queste giocate, senza dimenticare che nel 2011 la vittoria neozelandese è arrivata anche per un movimento da rimessa laterale.
Metro arbitrale: le partite prima del Mondiale servono anche a testare il metro arbitrale che verrà poi applicato, o quantomeno per carpire le indicazioni date ai fischietti di gara. Assodate le introduzioni in seconda linea, sembrerebbe ora esserci maggiore attenzione su blocchi dei finti penetranti, ostruzioni varie e sostegni che vanno direttamente a terra. Una cosa che ancora non piace è il sostegno attaccato al portatore che al momento del contatto “lancia” quest’ultimo spingendolo contro la difesa, di fatto privandolo del proprio controllo del corpo. Bene nelle ultime partite, invece, le valutazioni sulle palle alte.
Di Roberto Avesani
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