Direttamente da Auckland, sensazioni e opportunità dopo la peggiore prestazione dell’era Hansen
Se lo sport è una storia di corsi e ricorsi, di superstizioni e tradizioni, da oggi siamo più che sicuri o quasi che l’Australia non vincerà il Mondiale di Rugby inglese ad ottobre. Mai, infatti, la vincitrice del Tri Nations prima e del Rugby Championship ora ha alzato la Webb Ellis Cup al cielo. Non solo, ma se continuiamo nei corsi e ricorsi nel 2011 i Baby Blacks vinsero il mondiale Under 20 in Italia e l’Australia il Tri Nations. Sappiamo come poi fini quel 23 ottobre.
La realtà è che sabato sera a Sydney gli All Blacks erano inguardabili per gli standard di altissimo livello a cui ci hanno abituato nell’arco degli ultimi otto anni. Personalmente i più brutti dell’era Hansen. E proprio perché i più brutti, non possiamo che sederci con un sospiro di sollievo. Questi non sono remotamente gli All Blacks che vinceranno i Mondiali, ma neanche gli All Blacks che vedremo al torneo iridato. Qualcuno alzerà la voce, non sono i migliori All Blacks quelli che hanno perso contro una ancor migliore Australia. Ma una mediocre compagine tutta nera surclassata da una Australia sperimentale che lo stilista miliardario Michael Cheika ha saputo amalgamare e modellare a squadra pronta ad affrontare l’avventura inglese. Se gli All Blacks dello scorso anno, quelli cinici ed arroganti che possono vincere il mondiale, avessero perso contro l’Australia c’era da preoccuparsi. Oggi alla luce del risultato di sabato, no. Lo abbiamo detto più di una volta. Lo staff tecnico non entra nel panico, ma si concentra nel trovare l’ago nel pagliaio, il problema alla base di una delle più noiose prestazioni kiwi. Ecco noi comuni mortali lo chiamiamo problema, loro, gli All Blacks, la chiamano opportunità, spazio di miglioramento, motivo per il raggiungimento della perfezione. Quindi cosa gli All Blacks dovranno migliorare? I calci piazzati, gli errori non forzati, il breakdown, le palle lente, il numero 12, l’età degli anziani, la mischia e in particolare la prima linea, la mancata concentrazione che non ha permesso di segnare in maggioranza numerica, la tenuta fisica, la disciplina.
A questo aggiungiamo ke prestazioni fuori forma (quasi un complimento) di Aaron Smith, Conrad Smith e Kieran Read. Gli Australiani hanno fatto bene a sentire odore di corpo morto e mettere pressione. Basti pensare ai centrometristi Aussies che sprintavano quando Carter calciava (Carter ha una corsa lenta verso la piazzola). E Carter ci riporta al dubbio amletico di questo 2015. E’ lui si o no l’apertura per il Mondiale? La risposta è sì. Però il buon Dan Carter deve ritornare ad essere quel giocatore egoista che era negli anni passati. Meno passaggi e piu ricerca degli spazi. Lui dice di essere al meglio della condizione fisica, che allora lo dimostrasse perché al momento è troppo lento per poter impensierire le difese avversarie. Eppure l’occhio di Dan Carter vale ancora un posto fisso al 10, con Barrett dalla panchina che può coprire più ruoli.
Il prossimo 30 Agosto Steven Hansen e compagnia cantando annunceranno i trentuno All Blacks che voleranno in Europa per la Coppa del Mondo. A questi verranno aggiunti i successivi diciannove giocatori che hanno l’autorizzazione a giocare nel torneo. La sola nota positiva della serata è quel Nehe Milner-Skudder che con due mete bellissime ha confermato la forma del Super Rugby e praticamente convinto i selezionatori ad includerlo nella squadra. Parliamoci chiaro, anche se Hansen è conosciuto per chiamare giocatori basandosi su lealtà e reputazione, è pur vero che né Waisake Naholo (che è volato nella madrepatria Fiji per farsi curare con una pianta la cui proprietà è di risanare la rottura di un osso in otto giorni), né Cory Jane possono giustificare la propria selezione davanti a Skudder, che si troverebbe perfettamente a proprio agio nel giocare in una trequarti con Barrett, Nonu, C. Smith e Savea. Comunque oggi è un nuovo giorno diceva Rossella O ‘ Hara in Via Col Vento. Gli All Blacks hanno davanti la settimana più importante dell’anno fuori dal mese iridato. La squadra torna a casa nel tempio del rugby di Eden Park per difendere la Bledisloe Cup che detiene dal 2003, per ristabilire la propria superiorità strategica, fisica, tecnica e tattica contro l’Australia, e per dare dare a noi comuni mortali, tifosi in nero, l’ultima opportunità di applaudire Richie McCaw, Dan Carter, Conrad Smith, Ma’a Nonu, Keven Mealamu e Tony Woodcock in Aotearoa. Bring it on!
Di Melita Martorana
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