Steve Hansen: questo rugby noioso, ostaggio di difese in fuorigioco e fisici pompati…

Così il tecnico dei tutti neri a febbraio, e crediamo pure ora. Ma la palla ovale diverte ancora, e in tanti modi diversi

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Chissà cosa deve aver pensato il coach degli All Blacks Steve Hansen, vedendo i cacciatori sudafricani in azione contro l’Australia prima e contro la sua squadra poi nelle prime due giornate del Rugby Championship 2015. O, più in generale delle difese viste nelle ultime partite internazionali, esasperate e sempre al limite del fuorigioco, alla ricerca di choke tackle per imbragare e arrivare alla parola magica “ingiocabile”. Già durante l’ultimo Sei Nazioni, dopo aver assistito a Francia-Galles e Irlanda-Inghilterra, il coach dei tutti neri aveva detto chiaro e tondo a WalesOnLine cosa pensasse di un rugby in cui a vincere non è chi segna un punto in più ma chi ne subisce uno in meno. “Sono molto preoccupato per come si presenta il rugby al giorno d’oggi, vengono segnate poche mete, e ciò sta allontanando i tifosi”, esordiva Hansen. Una possibile soluzione sarebbe quella di “[…] trovare più spazio intorno alle ruck e ai break down, perché tutti difendono partendo da una posizione di fuorigioco”. L’esasperazione della difesa, nel rugby dei grandi impatti fisici e delle ali dal quintale di stazza, sembra un fatto ormai assodato e necessario, ma “[…] probabilmente ci siamo spinti troppo oltre. Dobbiamo avere persone che difendano da posizione on-side. Tutti noi [arbitri, giudici di linea, allenatori e giocatori, ndr] abbiamo una responsabilità nei confronti del gioco. Altrimenti, non ci saranno più corse nel rugby”. Il campanello d’allarme, passa anche per il break down: “Ci sono tanti giocatori non in piedi, tutti mettono le mani in ruck e non vengono puniti”. Il tutto per rallentare la palla, schierare giocatori sulla linea ed essere pronti a salire. Il risultato, squadra con linee veloci forti che non si azzardano a muovere la palla e centri che impattano da prima fase, sapendo già come poi andrà a finire. E a nulla serve stare a cinque metri dalla mischia e a dieci dalla touche, conclude Hansen, se poi si permette di rallentare la palla e difendere partendo da fuorigioco.

 

Il problema lanciato da Hansen esiste. O meglio, esiste una situazione ben chiara: il rugby moderno sembra proprio non poter prescindere da fisici iper pompati e da difese asfissianti. I due aspetti sono intimamente correlati, ma capire cosa è emerso prima è stabilire se è nato prima l’uovo o la gallina. Più i giocatori si sono ingrossati, più è diventato necessario “rubare” metri partendo da posizione al limite e rallentare il pallone nel raggruppamento, e più le difese si sono comportate in questo modo e più gli staff hanno ritenuto necessario ingrossare i propri giocatori. Dimostrazione ne sia che giocatori come Bastareaud e S.Armitage, piacciano o meno, palla in mano fanno danni, o comunque vincono la linea del vantaggio e tanto basta. Questo, a grandi e semplici linee, il quadro. E’ un problema? Non per forza, e non per tutti.

 

Se la mettiamo sullo spettacolo, qualcuno potrebbe obiettare di preferire impatti pazzeschi, pulizie a tutta e grillitalpa da manuale, rispetto a mete spettacolari con salti, incroci e quant’altro. Ma, soprattutto, qualcun altro potrebbe obiettare che a prescindere l’obiettivo dello sport non è quello di divertire.
Posto che rendere il rugby più “divertente” sia effettivamente una priorità, le uniche ipotesi possono arrivare dal regolamento, come avviene del resto in questi casi (basti pensare a quanto la Formula 1 si è interrogata e tutt’ora si interroga per aumentare il numero di sorpassi cambiando le regole). Ci ha provato l’Australia chiedendo di cambiare il sistema di punteggio nel proprio domestic: due punti per i drop, tre per le conversioni post meta, così da invogliare la ricerca della marcatura. Ma, francamente, il rugby è bello anche perché permette ancora di vincere in modo diverso. Ci sono l’intelligenza tattica e la perfetta esecuzione (Irlanda), la ricerca a volte esagerata dell’offload e della continuità (Highlanders), il cinismo e l’esperienza di chi sfrutta le occasioni (Saracens), i lampi di follia come la scelta della touche dell’Australia contro il Sudafrica, la passione Pumas a Durban…Appare francamente difficile affermare che il rugby di oggi sia noioso, e ai Mondiali ne vedremo sicuramente delle belle.
Un discorso diverso si potrebbe fare sull’eccessiva esasperazioni di corpi e contatti. Ma depotenziare una moto è facile, farlo con un atleta limitandone o categorizzandone il peso è possibile solo in discipline individuali. Uno sport più veloce e forse a volte più divertente, e che usa la palla ovale, c’è già. Ma vuoi mettere un grillotalpa di Pocock?

Di Roberto Avesani

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