Francia, dove la cultura sportiva fa ricchi gli sport con i diritti tv

Al di là delle Alpi tutte le discipline di squadra registrano maggiori incassi. Il rugby cresce del 133%

ph. David Bebber/Action Images

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Inizio agosto. Chi scrive si trova a Parigi e legge un numero de L’Equipe: si stanno svolgendo i mondiali di nuoto e gli atleti francesi si stanno ben comportando, tanto che l’importante quotidiano sportivo ha una prima pagina quasi interamente dedicata a quell’evento al quale sono riservate anche le prime sei pagine. Il resto, calcio compreso, viene dopo. Una cosa impensabile alle nostre latitudini, dove anche in quei giorni a dominare è sempre e soltanto uno sport. Una cultura sportiva (vera) che c’è al di là delle Alpi ma non al di qua.
Poi succede che un paio di settimane più tardi il sito dello stesso quotidiano francese pubblica le cifre che gli sport di squadra riescono a strappare per i diritti tv in quel Paese e che fanno capire quanto quella cultura sportiva “generalista” non sia solo vantaggiosa in termini tecnici/agonistici, ma alla lunga anche economici.

 

Qualche esempio: il calcio fino al 2020 incasserà 748,5 milioni a stagione. E’ ovviamente la disciplina più ricca e registra una crescita del 22% rispetto ai contratti precedenti ma il rugby con i suoi 74 milioni all’anno fino al 2019 può contare su un aumento del 133%. E c’è chi fa meglio: la pallamano ha strappato un accordo da 5 milioni di euro per 4 anni, crescita del 233%.
La pallacanestro? 50 milioni per 5 anni, +61%. Infine la pallavolo, con la rete TNT che ha firmato un accordo con la federazione per la trasmissione in esclusiva del campionato maschile e femminile per 1,2 milioni a stagione. Una crescita non quantificabile in maniera percentuale perché nella scorsa stagione questa disciplina non si vedeva in televisione.

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