Jacques Brunel e la matassa azzurra: il bandolo è in mano al ct oppure no?

La gestione del gruppo da parte del tecnico francese sembra essere meno lineare che non nei primi due anni

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Abbiamo sempre rispettato le scelte di Jacques Brunel e certo non cambieremo atteggiamento oggi. Il tecnico francese, assieme al suo staff, è l’unica persona deputata a decidere chi far giocare o meno, chi chiamare o non convocare. Ovviamente questo non lo mette al riparo da osservazioni o critiche – ci mancherebbe – ma l’importante è che queste ultime non siano prevenute o fatte a prescindere, come direbbe Totò.
Ci sono due modi per giudicare l’operato di un qualsiasi allenatore: in primis i risultati del campo, in seconda battuta la coerenza delle proprie decisioni rispetto al progetto sul medio-lungo periodo al netto di imprevisti e accadimenti contingenti che possono momentaneamente far prendere deviazioni o mettere semplicemente qualche toppa.

 

E nonostante i risultati del campo non siano certo entusiasmanti, anzi, è soprattutto alla luce del secondo aspetto che non riusciamo a capire diverse scelte fatte da Jacques Brunel, soprattutto nella seconda fase del suo mandato. O così almeno ci pare.
Il tecnico francese, sin dall’inizio, ha sempre detto che chi non gioca con il club non avrebbe avuto possibilità di essere chiamato in nazionale. Una presa di posizione semplice e chiara, che diversi giocatori hanno in qualche modo “pagato”, da Mirco Bergamasco fino a Tito Tebaldi e Alberto de Marchi. Giusto per fare alcuni esempi. Poi però succede che per la preparazione ai Mondiali il ct tiri fuori dal cappello il nome di Tommaso Benvenuti, che negli ultimi due anni ha visto il campo molto poco e che venga lasciato a casa Enrico Bacchin che invece ha giocato con continuità con la maglia del Benetton Treviso. Non solo: Benvenuti, nonostante un infortunio che lo terrà fermo per un mese, viene inserito nei 31 che andranno in Inghilterra.
Precisiamo: non siamo parenti di Bacchin e pensiamo che Benvenuti sia tra i giocatori potenzialmente più talentuosi del nostro movimentoo, il punto però non sono i soggetti in questione ma il radicale cambio di “politica” da parte di Brunel.

 

Dopo l’annuncio dei convocati per il Mondiale il ct ha rilasciato una intervista alla Gazzetta dello Sport. Alla domanda se gli era piaciuta la prova di Palazzani contro la Scozia il tecnico francese ha risposto così: “Partendo dal fatto che di solito nel club non gioca mediano di mischia titolare, sì. In due anni ha fatto cinque partite da numero 9. Con l’Italia siamo costretti a schierare gente con poca esperienza e questo è un problema”.
Parole che fotografano una situazione oggettiva, ma non bisogna dimenticare che anche il buon Brunel ci ha messo del suo “giubilando” Tobie Botes, giocatore che avrebbe potuto indossare la maglia numero 9 o 10. Certo non stiamo parlando di un Dan Carter o di un Will Genia, ma vista la penuria cronica di mediani in cui versa l’Italia da anni forse era il caso di non essere drastici e trattenere il buon Tobie nelle vicinanze.
Gli stessi Canna e Violi, che sono buoni o anche ottimi prospetti, oggi sono nei 31 per mancanza di alternative. Canna e Violi che a questo punto ci aspettiamo di vedere per parecchi minuti in campo tra Edimburgo e Cardiff, che va bene non volerli bruciare ma a questo punto bisogna almeno far annusare loro il rugby di quel livello, che non è rimasto davvero tempo.

 

E rimanendo solo all’ultimo periodo anche la gestione di Marco Bortolami non ci è sembrata ottimale. La scelta di non portarlo al Mondiale è legittima ma stiamo comunque parlando di uno dei giocatori che hanno più vestito la maglia azzurra nell’intera storia del rugby italiano, di un ex capitano azzurro. Quello che la seconda linea può oggi dare o non dare  lo si sa da tempo, così come i pregi e le mancanze dei suoi concorrenti nel ruolo specifico. Era una situazione che poteva essere risolta prima di iniziare il percorso di preparazione alla RWC.
Tutti episodi dell’ultimissimo periodo, ma non dimentichiamo – per rimanere solo a questo 2015 – anche la vicenda Boni/Bacchin o le convocazioni “tortuose” di Rizzo e Cittadini all’ultimo Sei Nazioni: l’impressione è che dopo i primi due anni il ct abbia un po’ perso il bandolo della matassa, che sia andato avanti un po’ più a tentoni che non nella prima fase della sua gestione. L’andamento dei risultati del campo non ha certo aiutato, le vicende extra agonistiche che hanno interessato il nostro alto livello nemmeno.
Forza Jacques, smentiscici sin da sabato, vogliamo veder tornare il sorriso su quei baffi.

 

Il Grillotalpa

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