Sergio Parisse, quattro Mondiali e un obiettivo: Italia umile come il suo Stade

Il capitano azzurro in una lunga intervista guarda alla RWC e ripercorre gli anni in azzurro

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Il numero di settembre della rivista Rugby World è interamente dedicato alla Coppa del Mondo inglese, e contiene speciali dedicati a tutte le squadre. Per quanto riguarda l’Italia, vi è una lunga intervista a Sergio Parisse, in cui il numero otto azzurro e dello Stade ripercorre l’ultimo anno di rugby, tra successi francesi e polemiche interne tra Federazione e Nazionale, per poi parlare dei prossimi Mondiali e del modo migliore per affrontarli.

 

“Volevo rendere i tifosi azzurri fieri”, afferma a proposito della scelta di esporre con sé la bandiera italiana nei momenti successivi alla vittoria in finale di Top14 contro Clermont. Poi sono arrivati i giorni del ritiro di Villabassa e la scelta della squadra di non allenarsi, con il lungo post in cui era espressa la posizione della squadra. “Ritengo il rispetto il valore più importante nel rugby – dice Parisse – e sta alla base di questo sport. Se viene a mancare, non vedo il perché mettersi addosso la maglia e andare a battagliare sul campo“.
Parisse parla poi del futuro post Rugby World Cup, su cui ancora non ha preso una decisione preferendo rimanere concentrato sull’importante appuntamento iridato: “Ho quasi 32 anni e sento di essere ad un punto di svolta della mia carriera. A giugno ho guidato lo Stade allo scudetto, a settembre giocherò il mio quarto Mondiale. E’ ora di mettere le cose sulla bilancia: forse sto giocando il mio miglior rugby, ma per quanto durerà? Al momento l’obiettivo è disputare un gran Mondiale. Non ho ancora veramente pensato a cosa succederà dopo”.

 

Parlando del torneo che aspetta gli Azzurri, le sensazioni sono positive: “Alla fin fine, il Mondiale è una questione di uomini. Come la Francia nel 2011. Il gruppo è compatto […] Siamo molto uniti, parliamo come una cosa sola ora più che mai. Ora dobbiamo dimostrarlo sul campo”. Parisse fa poi un confronto con lo Stade Francais: “Mi piacerebbe che l’Italia giocasse con l’umiltà dello Stade, che non ha né i grossi nomi di Tolone, né le individualità del Racing né l’esperienza di Clermont, ma ha vinto il titolo”.
Per quanto riguarda il confronto con le altre Nazioni più forti, “Da quando gioco in Nazionale non abbiamo mai avuto un dieci che durasse più di un paio di stagioni […] Non abbiamo la profondità di altri team, e per questo tutti e 31 dovremo dare il massimo”. Infine, una parola sul problema dell’Italia, la tenuta mentale: “Per reagire ad una vittoria ci sono due modi: essere contenti o fissarsi un obiettivo più alto […] Come all’ultimo Sei Nazioni: abbiamo battuto la Scozia, e poi ottenuto due tra le peggiori sconfitte di sempre. E’ certamente un problema mentale“.

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