Elezioni FIR, San Donà e il no al fronte veneto: “Il progetto ha falle”

ph. Sebastiano Pessina

«Posso dirla davvero tutta? Un po’ mi ha ricordato certi temini delle elementari sulla fame nel mondo: pieni di enunciati romantici che, però, non dicono assolutamente nulla sul come risolverla. Come si fa ad essere contrari a un documento come quello? È certamente un bell’esercizio stilistico, ma totalmente fine a se stesso, quindi inutile. E poi, siamo così sicuri che il cosiddetto modello-Veneto sia davvero vincente? A San Donà crediamo proprio di no, che sia anzi pieno di falle». A parlare così è il presidente del San Donà Alberto Marusso che non ha nessun problemi a spiegare il suo “no” su tutta la linea al progetto-Veneto (chiamiamolo così) in funzione elezione federale che lunedì sera a Rovigo ha però ottenuto un’approvazione plebiscitaria, quasi il 95% delle società della regione.
San Donà non ci sta e il suo numero spiega i suoi perché a La Nuova di Venezia e Mestre: “San Donà isolato e arroccalo nel suo fortino in riva al Piave? Nossignori, direi piuttosto una società coerente con i propri obiettivi e con i propri principi, che finché sarò presidente ritengo semplicemente inderogabili”.

Marusso contesta la “presenza non concordata con il direttivo di alcune persone afferenti la nostra società” e poi il voto, che non era previsto dall’ordine del giorno. Il presidente respinge l’accusa di tenere una posizione filo-gavazziana per aver ottenuto l’organizzazione delle partite del Sei Nazioni U20: “La verità è che ci siamo molto semplicemente candidati, ritenendola un’opportunità di crescita per tutto il nostro ambiente (…) vorrei proprio vedere quali erano le altre candidature venete e se quei criteri sarebbero stati rispettati, e su questo il confronto noi non lo temiamo con nessuno”.