RWC 2015: verso la finale assieme a Nigel Owens

L’arbitro dell’ultimo atto racconta cosa significhi dirigere oggi l’alto livello, tra pressione e decine di telecamere

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Sono spesso stati al centro di critiche e attenzioni particolari, molto più che in passato grazie anche all’innovazione tecnologica, che si trasforma quasi in invadenza nel tentare di stanare e giudicare ogni singola decisione. Ma arbitrare il rugby moderno non è certo facile, e a pochi giorni dalla finale di Twickenham il fischietto designato Nigel Owens racconta a World Rugby cosa significhi arbitrare davanti a milioni di persone e decine di telecamere. Parole piene di sincerità ma anche di amore per il rugby, e che proponiamo nella loro interezza.

 

“Riuscire a non essere travolti dall’ambiente e da ciò che si respira attorno alla Rugby World Cup è importante. Non credo che tutti capiscano quanta pressione esista al giorno d’oggi nel rugby moderno e a questo livello . Andare ad arbitrare la finale di sabato sapendo che ci sono milioni di persone davanti alla televisione, 85.000 allo stadio e 40 telecamere che possono giudicare al rallentatore e da ogni angolo ciò che te hai visto una sola volta a velocità reale da una sola angolazione….Non si può arbitrare un Test Match senza commettere nemmeno un errore, così come un giocatore non può giocare un Test Match senza commettere nell’arco degli ottanta minuti almeno una scelta sbagliata. E arbitrare è la stessa cosa.
Ma nonostante tutta la pressione, tu credi così tanto nel gioco che vuoi farne parte… Sabato scenderò in campo per dirigere una partita di rugby, e questo è ciò che dovrò fare, né più né meno, permettendo alle squadre di giocare e di far sì che alla fine vi sia un vincitore. Se in tutto ciò giocherò la più piccola parte, senza quasi che ci si accorga di me, allora avrò ottenuto il mio scopo”.

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