Numeri alla mano, la squadra di Casellato produce gioco ma raccoglie poco. E il tarlo mentale cresce sconfitta dopo sconfitta…
Sette sconfitte in altrettante partita, unica squadra a non aver ancora trovato la vittoria, peggior difesa con 197 punti subiti (28 a partita) e terzo peggior attacco con 100 punti messi a referto (14 a partita). Anche l’anno scorso la prima non sconfitta è arrivata tardi, e più precisamente all’ottava giornata, ma paragonare le due situazioni risulta complicato. Quella era una Benetton che aveva iniziato in modo difficile anche per tutte le note vicende extra rugbistiche, assemblata in poco tempo e che avrebbe trovato la prima vittoria stagionale solamente a dicembre in casa delle Zebre. Questa invece è una Benetton costruita per fare bene, che ha riabbracciato diversi giocatori rientrati da importanti esperienze all’estero, che ha conosciuto una ristrutturazione dello staff con l’ingresso di nuove competenze tecniche e dirigenziali, e che in estate puntava alto, molto in alto. Fin qui ci sono i quattro punti di bonus, arrivati sia contro squadre partite benissimo come Edimburgo e Munster, sia contro squadre più alla portata come Dragons ed Ospreys.
Eppure, a leggere le statistiche di alcuni match non è certo la costruzione del gioco a mancare, anzi. I set pieces sono funzionati abbastanza bene contro Newport (7/8 in mischia e 7/10 in rimessa), bene contro Leisnter (7/7 in mischia e 12/12 in touche) e anche contro Ulster (12/13 al lancio), e la squadra eccetto proprio la partita a Belfast ha mantenuto statistiche di possesso e territorio abbastanza simili a quelle dell’avversario di giornata. Resta, come più volte lamentato dallo staff, l’incapacità di concretizzare e portare a casa quanto seminato, anche a fronte dei numerosi turnover concessi dagli avversari (16 Dragons, 11 Leinster, 17 Ospreys). La variabile dell’esperienza è da prendere meno in considerazione rispetto ad altri anni e la squadra schiera diversi nazionali azzurri di prima fascia. Resta il fatto che vincere aiuta a vincere, e non trovare il successo è un tarlo mentale che più cresce e più è difficile da scacciare. Per questo immaginiamo che coach Casellato stia lavorando molto anche sulla testa dei giocatori perché, forse, una parte del problema è lì, più che nelle gambe.
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