Il tecnico di Rovigo Frati rilancia l’ipotesi a 12 squadre per infoltire il calendario. Come tutte le soluzioni, i pro e i contro non mancano
Degli infiniti problemi del campionato Eccellenza abbiamo scritto più e più volte. E’ presto per dire come andranno le cose nella stagione 2015/16, ma la sensazione è che non sarà certo un anno spartiacque e in grado di determinare un prima e un poi nelle vicende del massimo campionato italiano dell’era celtica. Dopo appena sei giornate la lotta salvezza sembra una cosa a due tra Lyons Piacenza e L’Aquila, che si affronteranno proprio nel weekend, mentre in testa la lotta sembra aperta ed avvincente, con Rovigo e Calvisano già avanti ma Petrarca che insegue. La novità di quest’anno, l’anticipo del venerdì, non sembra entrare nel cuore dei tifosi. Vuoi perché le partite proposte non erano sempre di cartello (ma stasera c’è un interessantissimo Mogliano-Calvisano), vuoi perché televisivamente parlando vedere spalti vuoti non è mai bello (del resto, da Sondrio a Ragusa dall’Under 16 in su il venerdì sera alle 19 ci si allena), ma il risultato è che il venerdì sera in diretta su Rai Sport vanno in onda minuti non certo memorabili in cornici di pubblico non indimenticabili.
Un primo bilancio “generale” dell’Eccellenza 2015/16 lo ha proposto il coach di Rovigo Filippo Frati intervistato da Il Nero il Rugby. Ma ben presto dal punto di vista tecnico circoscritto alla stagione 2015/16 (“c’è molta più disponibilità da parte di quasi tutti a giocare, muovere la palla e calciare di meno”), lo sguardo del tecnico si allarga ad una considerazione generale del torneo e al numero delle squadre, che per diversi addetti ai lavori dovrebbe essere portato ad otto squadre. Ma non per Frati, che propone invece un aumento a 12. Vediamo pro e contro di ciascuna formula, premettendo che una soluzione in assoluto migliore è impossibile trovarla.
Ipotesi otto squadre: poche formazioni significa sicuro innalzamento del livello, ma anche calendario meno fitto e poche partite, cosa che non fa bene né a livello sportivo per i giocatori né a livello commerciale per chi ancora crede nella palla ovale. Per essere percorsa questa strada necessiterebbe almeno di una conditio sine qua non: la reintroduzione del campionato Under 20. Con appena otto formazioni, sarebbe deleterio per i giovani non avere occasione in cui essere schierati, perché con quattordici partite di regular season e classifiche verosimilmente più corte è dura permettersi turn over.
Realtà dieci squadre: la via di mezzo che forse accontenta di più è quella attuale. Vero che non si gioca tantissimo (ma ci sono anche Challenge, Qualification e Trofeo Eccellenza, per il quale abbiamo un’idea in calce), però il livello è abbastanza omogeneo per verosimilmente sette delle dieci squadre partecipanti.
Ipotesi 12 squadre: è quella proposta nella citata intervista dall’allenatore di Rovigo. “Io porterei il campionato di Eccellenza a 12 squadre […] si giocherebbero molte più partite e non si dice sempre che i giovani devono giocare?” L’accusa di molti, ovvero che ci sarebbero troppe differenze tra le squadre con il risultato di grandi scarti nel punteggio, esisterebbe così come esiste in tutti i campionati tranne il Top14. “In Premiership l’anno scorso i London Welsh sono retrocessi senza vincere nemmeno una partita, subendo a volte passivi imbarazzanti. In Pro12 conosciamo meglio di chiunque altro quali sono, da un po’ di anni, le ultime 2 squadre classificate”. Guardando ai numeri, nelle ultime quattro stagioni, in Pro12 e Premiership la media dei punti racimolati dell’ultima classificata è di 18, nell’Eccellenza è di 8, meno della metà. Ma torniamo a quanto proposto. I pro sarebbero certamente più domeniche di gioco, i contro i divari che andrebbero ad ingrossarsi ulteriormente, con il rischio di campionati ancora più frammentati e divisi in blocchi che viaggiano a marce diverse.
Ipotesi (seriosa) 7×2 squadre: una possibile soluzione, dettata dal livello non impossibile del nostro campionato, dalla necessità di giocare di più e, perché no, da quella di rendere il movimento più attraente per pubblico e potenziali investitori, potrebbe essere un sistema con sette squadre di Eccellenza affiancate però ad un parallelo girone con le seconde migliori sette squadre. Un sistema misto in stile ITM Cup in cui una squadra sfida in doppio match andata/ritorno le avversarie del proprio girone e solo una volta tutte o alcune le squadre parallele. Al termine della stagione, si stabiliscono playoff per promozione e retrocessione. Basandosi sui punteggi della scorsa stagione, avremmo un Eccellenza Girone 1 con Rovigo, Calvisano, Mogliano, Fiamme Oro, San Donà, Viadana e Petrarca, e un Eccellenza Girone 2 con Lazio, L’Aquila, Prato (ipotesi al netto di quanto accaduto), Pro Recco, Lyons Piacenza, Colorno e Cus Verona.
Posto che i passivi pesanti già ci sono, che manca un campionato Under 20 e quindi la possibilità di far crescere i giovani ad un buon livello, che il budget federale non è esattamente da buttar via, e che con un campionato del genere gli sponsor avrebbero maggior interesse ad investire a livello locale e i giocatori si “spalmerebbero” maggiormente tra le squadre, fare un passo indietro a livello di competitività potrebbe avere i suoi vantaggi. Una squadra come Calvisano, per esempio, giocherebbe 12 partite di alto livello, alcune di minor impegno (come del resto lo scorso weekend a L’Aquila) e infine le due/tre rimanenti (contro le Cus Verona e Colorno dell’esempio) dove dar spazio ai più giovani. Qualche pro ci sarebbe. I contro anche, eccome, a cominciare dalle difficoltà organizzative e dall’impegno economico richiesto.
Ipotesi per il Trofeo Eccellenza: dato che l’interesse per la competizione è abbastanza scarso, perché non sostituire le giornate dedicate al Trofeo con un circuito Seven? Il calendario quest’anno prevede sei giornate. Si potrebbero organizzare tornei giornalieri con la stessa logica delle tappe World Series. Vero che ogni squadra giocherebbe più di un match nell’arco della sola giornata, ma essendo formazioni a quindici le rose permetterebbero di farlo. Oltre al vantaggio puramente tecnico per lo sviluppo del Seven (sappiamo che è ben altra cosa rispetto al XV, ma sarebbe già un passo), pensare di avere più squadre nello stesso impianto che giocano una versione per noi ancora inesplorata e adatta per regole ai neofiti della palla ovale, potrebbe aiutare anche nella più generale diffusione del rugby.
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