In una intervista il tecnico fotografa il momento del rugby azzurro e il lavoro fatto dai Pumas negli ultimi anni
Papà di Gonzalo e tecnico e dirigente argentino, ma assai apprezzato in Italia anche per il suo trascorso in molti club veneti, Alejandro Canale, intervistato dal Gazzettino, coglie la palla al balzo per confrontare allo stato delle cose attuali i movimenti ovali di Argentina ed Italia dando una chiave di lettura anche e soprattutto verso il futuro: “Nel 2007 il terzo posto dei Pumas è stato vissuto come qualcosa di straordinario, mentre le semifinali dell’ultimo Mondiale sono frutto di una grande programmazione – afferma Canale – dal 2009 con la UAR si è ambito ad entrare nell’ex Tri Nations e nel 2012 ci siamo riusciti. Poi, con gli allenatori abbiamo puntato a creare una rosa di giocatori giovani che fosse di interesse nazionale e nel 2019 puntiamo alla maturazione massima”.
Ma la fotografia non si ferma qui, perché è dal rugby di base che arriva il bacino d’utenza da cui adesso il rugby del Sudamerica può pescare con buona disponibilità: “Dall’Under 6 all’Under 19 abbiamo una categoria all’anno (al contrario di quanto avviene nel Bel Paese, dove c’è la biennalità; ndr). I praticanti effettivi sono circa 100mila, io coordino il Centro di Formazione e Rendimento di Cordoba lavorando sui ragazzi di 15, 16 e 17 anni che ci vengono segnalati dalle società, ma con noi lavorano solo di tanto in tanto e per poco tempo. Il resto dello sviluppo è totalmente affidato ai club”.
Infine una vera dichiarazione-manifesto: “Ci sono un sistema capillare per scoprire i talenti e la possibilità di fare professionismo in Argentina. La mission attuale è: facciamo con quello che abbiamo. Infatti nessun Puma è nato all’estero”.
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