Midi Olympique ci definisce “senza speranza”, per Rugby World l’esperimento italico è fallito (nonostante il trattamento privilegiato)
D’accordo, nella pagina dedicata ai flop del 2015
l’Italia non è in apertura, è anzi in fondo, ma comunque siamo lì. Midi Olympique in edicola titola così il boxino che ci riguarda: “En marche arrière”, ovvero a marcia indietro. E cosa si dice? Che siamo “senza speranza”, che 15 anni dopo l’ingresso nel Sei Nazioni non solo non abbiamo fatto passi avanti nelle gerarchie del rugby mondiale ma anzi qualcuno indietro. Che il nostro bilancio del 2015 “est proche du disastre” e che l’unico lampo è stata la vittoria a Murrayfield contro la Scozia nel Sei Nazioni, ma che si tratta di una vittoria arrivata all’ultimo minuto “sur un coup de chance”.
Il nostro Mondiale è definito “une bérézina”: per quelli che non masticano la storia la battaglia della Beresina venne combattuta in Russia a fine novembre 1812 dalle truppe napoleoniche in ritirata, uno scontro che dopo alcuni giorni di battaglia vide i francesi averla vinta ma a costi umani spaventosi. E “bérézina” da allora è entrata nel linguaggio transalpino per indicare comunque un disastro. Il tutto nonostante l’immenso talento di Sergio Parisse. Il magazine augura infine “bonne chance” al successore di Jacques Brunel.
E se Midi Olympique si è fermato ‘soltanto’ al 2015, di più ampio respiro è il duro articolo pubblicato sulle pagine digitali Rugby World, titolato con un eloquente ‘Has the Great Italian Experiment failed?’. La domanda è evidentemente retorica, perché le righe a firma di Gavin Mortimer sono un susseguirsi di numeri, statistiche e risultati che inchiodano il rugby italiano e rendono l’idea delle grandi difficoltà dell’ultimo decennio nel farsi strada a livello di club e internazionale. “Dal 2005/2006, i club italiani hanno giocato 118 partite in Heineken/Champions Cup: sei le vittorie, uno il pareggio e 111 le sconfitte […] Una statistica da capogiro e la prova indiscutibile che nessun club italiano merita di partecipare alla coppa”. L’autore poi focalizza l’attenzione anche sul pubblico degli stadi, riferendosi in particolare alla sfida tra Benetton Treviso e Leicester che ha attirato 2.300 spettatori al Monigo (“Un paio di migliaia di persone che si fa beffe della Champions”).
“Dobbiamo ammettere che il grande esperimento italiano è fallito – è la conclusione – Il pubblico non è interessato e i giocatori non sono all’altezza, né a livello di club né a livello internazionale”. Al pari del magazine transalpino, anche qui si fa notare come “la nazionale sia regredita nelle ultime stagioni e si teme che il loro unico giocatore di classe mondiale, Sergio Parisse, sia in declino”. Mortimer, inoltre, quasi sconsiglia Conor O’Shea e Ronan O’Gara di accettare “il lavoro di coach meno invidiato del rugby europeo”, prima di tornare all’attacco ridimensionando qualsiasi confronto con le difficoltà affrontate dalla Francia al momento del loro ingresso nel Cinque Nazioni, nel 1910: “Un secolo fa il rugby era amatoriale, era un hobby più che uno sport. L’Italia è stata accolta negli stessi tornei ma in un ambiente già professionistico. Ma a che scopo? Nell’ultima Coppa del Mondo ha dimostrato di essere anni luce dietro l’Argentina e il Giappone e ha faticato a battere la Romania, un Paese trascurato negli ultimi vent’anni tanto quanto l’Italia è stata viziata”. La chiusura è laconica: “L’Italia non merita quel posto al tavolo delle grandi. Nel Sei Nazioni dovrebbero essere introdotte le retrocessioni per permettere a Romania e Georgia di rimpiazzare l’Italia e la EPCR dovrebbe smettere di regalare uno spot per la Champions Cup. Treviso non è stata e non sarà mai campione”. Buon 2016…
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