La crisi del Benetton Treviso, un tunnel che nasce da un 7° posto

L’esonero di Umberto Casellato è una scelta ormai inevitabile per un calvario nato da un risultato storico

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

La domanda se la pongono un po’ tutti: cosa sta succedendo al Benetton Treviso? Ed è una domanda che non ha e non può avere una risposta univoca perché a fare andare bene (o male) le cose in una squadra sportiva di qualunque disciplina sono sempre una molteplicità di fattori. Diffidare dunque di chi ha risposte pronte e assolutistiche, tipo “è colpa (merito) dei giocatori” o “è colpa (merito) della società” oppure “è colpa (merito) dell’allenatore”. La cosa certa è che le cose quando vanno male a pagare è quasi sempre il tecnico, quantomeno in una prima battuta.
L’esonero di Umberto Casellato non può sorprendere, visto che l’ultima partita vinta dal Benetton Treviso risale a febbraio 2015, poi solo ko. Forse non sarà la migliore delle scelte, questo lo dirà il tempo, ma non può stupire la decisione di Amerino Zatta e del management biancoverde e sostenere come non pochi appassionati hanno fatto in queste ore che il rugby “è ormai come il calcio” ci sembra espressione davvero forzata, almeno in questo caso.

 

La società biancoverde non è certo esente da responsabilità, anzi. La partenza di Vittorio Munari (pure lui ha fatto errori, ci mancherebbe) ha lasciato un vuoto enorme che ancora non è stato colmato, il mercato estivo non ha dato i risultati sperati e la stessa dirigenza lascia trasparire una mancanza di serenità che è ben visibile anche tra i giocatori. Detto questo ci ripetiamo: dopo oltre 20 sconfitte consecutive non possiamo stupirci dell’esonero di Casellato. Che non è ovviamente il responsabile unico della crisi del club veneto, ma paga il fatto di ricoprire la posizione su cui è più facile e veloce intervenire.
Un anno fa le Zebre arrivarono al doppio derby celtico con lo stesso score di questa stagione, quattro vittorie equamente divise tra Pro12 e Challenge Cup, le due sconfitte con il Benetton voltarono al peggio a seconda parte dell’annata chiusa con una sola vittoria nelle restanti 10 partite. Giocatori e lo stesso coach Guidi, che pure un anno fa sedeva su un’altra panchina, alla presentazione del derby celtico hanno sottolineato quanto quel doppio ko diventò un macigno. A Treviso temono quel macigno e sperano in una scossa che porti un minimo di tranquillità, che consenta alla squadra di affrontare le partite senza avere paura o voglia di strafare. Che questa scossa la possa dare Marius Goosen, uomo al centro del progetto tecnico di questa stagione sin dall’inizio, lascia qualche dubbio ma speriamo di essere smentiti.

 

Rimane la domanda iniziale, cosa sta succedendo al Benetton Treviso? A nostro parere il vero inizio di questa crisi va spostato indietro di tre stagioni, ovvero al termine dell’annata in cui il club biancoverde chiuse il Pro12 in una settima posizione per nulla sorprendente per quello visto in campo e che alla fine poteva anche essere anche migliore.
Nel giugno 2013 non c’è stata la freddezza necessaria per capire che era stato ottenuto il massimo da quel gruppo di atleti e staff tecnico. Che per quanto potesse sembrare paradossale nonostante i risultati agonistici il rapporto con Franco Smith era ormai giunto al termine (e infatti di lì a pochi mesi il tecnico sudafricano verrà esonerato) e che bisognava intervenire con un mercato importante su una squadra che probabilmente aveva dato quell’anno il 110%, di più non poteva fare e pure bissare sarebbe stato difficile. Lo staff tecnico non venne cambiato e in quella sessione di mercato non arrivò nessuno, come sono poi andate le cose lo sappiamo.
Con il senno del poi siamo tutti bravi, quindi ci rendiamo conto che intervenire in quel momento era complicato: tutto sembrava girare bene e non ci si poteva aspettare che la macchina grippasse tanto da raccogliere due penultimi posti nelle stagioni successive e una ormai probabilissima ultima piazza celtica quest’anno. Però proprio grazie al senno del poi possiamo dire che lì sono iniziati i problemi del Benetton, aver finito un ciclo e non aver avuto il coraggio o la consapevolezza di cambiare in maniera radicale attorno a due/tre capisaldi. Poi la “guerra” con la FIR ha fatto il resto, acuendo i problemi che però già esistevano.
Ora non resta che chiudere in maniera dignitosa una stagione nata male e proseguita peggio, in attesa di un nuovo progetto ormai non più procastinabile. Un percorso che non sarà breve o indolore, ma necessario.

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