Il seconda linea marchigiano ha giocato assieme al pilone sia in club che in azzurro. Il suo ricordo raccolto da Marco Pastonesi
Lunedì scorso è morto Anacleto Altigieri, pilone sinistro, 27 “caps” con la Nazionale. Altigieri Paoletti Bona equivaleva al Sarti Burgnich Facchetti: il primo respiro di una formazione, ma anche di una storia e di una grammatica, di una preghiera o di una minaccia. Altigieri rappresentava, interpretava, era anche un rugby: né migliore né peggiore, ma certamente diverso da quello di oggi. Questa è la terza puntata di un breve viaggio in quel rugby, nel rugby di quell’epoca, e di quei valori.
Insieme nella Roma e nell’Italia, insieme a tavola e nello spogliatoio, insieme in camera e in pullman. Anacleto Altigieri e Pierluigi Camiscioni insieme, per un bel po’, nella vita. E Camiscioni lo racconta così, come se fosse un film.
Ciak 1, si gira: “Scarponi, pantaloni grigio antracite e, sotto i pantaloni, i mutandoni di lana, la camicia se la faceva comprare da Bona. La mia prima volta in Nazionale, a 18 anni, al raduno, Anacleto mi squadra, mi punta l’indice e mi tuona: ‘Giura che non lo dici a nessuno’. ‘Chi, io? – rispondo impaurito -. A nessuno. Mai’. ‘Famme er nodo da cravatta’. Glielo faccio. Poi, sopra la cravatta, Anacleto mette il maglione col collo alto”.
Ciak 2, si gira: “In una partita Anacleto si rompe proprio l’indice della mano destra, quello che mi aveva puntato per minacciarmi. Monfeli, come se fosse un chirurgo ortopedico, garantisce: ‘Ce penso io’. Prende il dito, che si era rovesciato, e lo rimette a posto, ma alla sua maniera: una tirata e una incerottata per legarlo al medio. Risultato: per raddrizzarlo, Monfeli glielo raddrizza, ma gli toglie l’elasticità, e l’indice di Anacleto, da quel giorno, rimane sempre puntato. Ideale quando vuole piantare le carote, un po’ meno quando vuole fare a botte, perché prima deve piegare il dito con le altre dita per fare il pugno, poi può finalmente tirare un cazzotto”.
Ciak 3, si gira: “Un giorno andiamo a trovare Anacleto, a casa, per le feste. Sulle scale incontriamo Alberto, suo figlio, due anni e già pacioccone. ‘Che ti ha regalato il papà?’, gli domandiamo sillabando le parole. E lui, con una voce baritonale uguale a quella di Anacleto: ’Na capra’. ‘Ma nun je potevi compra’ ‘n peluche?’, chiediamo ad Anacleto. ‘Mejo ‘na capra – ribatte -, ché poi la mugno’. Come dargli torto?”.
Ciak 4, si gira: “Braccio di ferro, un classico. Anacleto è il più forte, ma siccome non lo voleva mai fare, io sono il migliore. Finché in Galles, nel 1976, organizzano Altigieri vs. Camiscioni, mondiale di braccio di ferro. Tavolo, sedie e arbitro. Ci sediamo, poggiamo il gomito, impugniamo le mani, pronti, via, e le braccia tremano, vibrano, ma non si smuovono neanche di un centimetro. E per un miracolo, o per un incantesimo, o comunque per uno stranissimo fenomeno, le braccia non si smuovono neanche quando io e Altigieri, per fare più forza, ci allunghiamo sulle sedie. Il successivo match di braccio di ferro si disputa in un pub di Cardiff: io contro Piovan, che è un po’ come dire Centro-Sud contro Nord. Anacleto mi punta l’indice, già diritto di suo, e mi tuona: ‘Ho scommesso mille lire su di te. Se non vinci, ti scoccio la capoccia’. E impaurito più da Anacleto che da Piovan, vinco”.
Ciak 5, si gira: “Roma, Flaminio, Algida-Petrarca. Ottantesimo minuto. Presutti, pilone del Petrarca, vicino alla nostra area di meta, prende il pallone, ma è messo male. Gli grido, in padovano, ‘lassa a mì’. Presutti ci casca e lascia il pallone, io me ne impadronisco e lo passo ad Anacleto, lui lo passa a me, un dentro-e-fuori che ci porta fuori dai 22, poi a metà campo, quindi nei loro 22, infine in meta, con me. E di quell’azione ho pure il filmato”.
Ciak 6, si gira: “Tour in Sud Africa, Durban, albergo, riunione e ordine: ‘Lasciate perdere le nere’. Non per razzismo, ma per evitare guai proprio perché là c’era il razzismo, l’apartheid. Tutti ubbidiscono tranne Anacleto che, siccome al momento della riunione stava dormendo in camera, non aveva sentito. La mattina dopo una cameriera, nera, incaricata di fare le pulizie, entra nella camera dove Anacleto sta ancora dormendo, e per non disturbarlo va a pulire in bagno. Quando si sveglia, Anacleto va in bagno, vede la cameriera, in minigonna, che strofina lo specchio, e – diciamo così – l’assiste, la sostiene, la spalleggia, senza disturbo e senza razzismo”.
Ciak 7, si gira: “Anacleto si nutre di bistecche. Bovine o suine, ma bistecche. Pollo, possibilmente, no. Dice: quando un povero mangia un pollo, o è malato il povero o è malato il pollo”.
Ciak 8, si gira: “Sarà stato il viaggio, sarà stata l’alimentazione, ma passo cinque giorni senza andare in bagno finché mi scappa urgentissimamente. E non trovo di meglio che sistemarmi fra due macchine e farla. Poi la incarto, la impacchetto e la consegno, spacciandola per un salamino nostrano, a un dirigente della Rugby Roma che mi ha chiesto se, dati i miei trascorsi all’Aquila, conosco un pastore con prodotti genuini. Il dirigente prende il pacchetto e lo mette in una borsa-valori, per custodirlo con attenzione e gelosia. Finché l’odore, che non è esattamente quello di un salamino nostrano, esala perfino dalla borsa-valori e lo insospettisce. E intanto Anacleto che si ammazza dalle risate”.
Di Marco Pastonesi
La prima puntata: “Bona ricorda Altigieri”
La seconda puntata: “Monfeli ricorda Altigieri”
Nella foto, la Nazionale prima della partenza per il Tour in Scozia e Inghilterra del 1975. Da in alto a sinistra Paoletti, Ferracin, Camiscioni, Baraldi, Bonetti, Fedrigo, Quaglio, Bernabo, Di Carlo, Boccaletto, Altigieri, Bona, De Anna, Marchetto, Vezzani, Pagni Giuseppe, Martone, Cossara, Bish, Blessano, Gaetaniello, Rossi, Morelli, Falancia, Caligiuri, Visentin Angelo, Ponzi, Pagni, Coletti, Mascioletti.
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