Inchiesta: giovani rugbisti italiani verso la Francia meno ricca (parte I)

Alla scoperta delle ragioni che portano sempre più rugbisti italiani a giocare nei campionati “non professionistici” d’oltralpe

barrage Tolosa-Oyonnax 2015

Da 3 anni vivo a Tolosa nel cuore del rugby francese. Dici: “sud ovest della Francia” e ti vengono in mente squadroni come lo Stade Toulousain, Castres, Beziers, Perpignan e il Lourdes che ha scritto la storia del rugby francese negli anni 50. L’elenco delle società gloriose potrebbe continuare per molte righe se si considera che nella sola regione Midi-Pyrénées sono affiliati alla Federazione Francese Rugby (FFR) 220 club di cui 6 professionistici per un totale di 31.000 giocatori e 9000 tra dirigenti e allenatori.
Da questa posizione privilegiata negli ultimi due anni ho osservato un fenomeno interessante: il trasferimento in Francia di giocatori dal campionato Eccellenza verso il campionato francese di Federal 1, 2 e 3 e di giovani italiani verso le Under 21 e 23. Capofila degli italiani con le valige è Luciano Orquera, 48 volte azzurro ed ora numero 10 a Massy in Federal 1. Oltre ad Orquera sono emigrati Gian Maria Catozzo a Rennes, Davide Duca ad Angouleme, Piermaria Leso a Romans, Stefano Scanferla ad Avignone, Tommaso Rebecchi nel centro di formazione di Aix-en-Provence e Giuseppe Sigillò nella U21 del Blagnac ed altri ancora.
Le ragioni dell’espatrio non sono solo economiche ma più articolate e attraverso la scoperta della filiera formativa francese, delle testimonianze dirette di giocatori italiani cercheremo di comprendere a fondo cosa spinge tanti rugbisti italiani a cercare fortuna oltralpe.

 

In Francia esistono 11 campionati: due professionistici (Top 14 e PRO D2), sei territoriali/amatoriali e tra questi fanno da cuscinetto i campionati di Federal 1, 2 e 3. Il rugby professionistico é composto da 30 società ripartite in 14 nel massimo campionato (TOP14) e 16 in quello cadetto (PRO D2). Il gradino sotto è composto dalle 3 divisioni federali: Federal 1 con 40 club, Federal 2 e 3 con rispettivamente 80 e 160 club. Il rugby federale è classificato come amateur: non professionistico.
Le parole non devono però trarre in inganno dal momento che il vincolo del non professionismo è dato dal rapporto percentuale fissato al 30% tra il bilancio di ogni club e la massa salariale. Allenatori, giocatori delle prime squadre possono godere, già a questo livello, di contratti di lavoro. Insomma si tratta di amateur con un contratto di lavoro e tutele sociali.
Le cifre dei bilanci nell’elite del rugby francese sono impressionanti: per la stagione 2015/2016 lo Stade Toulousain risulta il club più ricco con un budget di 30,8 milioni di euro. Pau neo promossa nel TOP 14 potrà disporre di 17,3 milioni di euro, mentre la cenerentola dorata sarà Brive con “solo” 15,3 milioni di euro. La media è di poco superiore ai 21 milioni di euro.

 

I numeri scendono notevolmente per i club che militano nei campionati di Federal, ma le sorprese non mancano. Il limite budgetario minimo, fissato dalla FFR, per poter partecipare alla fase finale per l’ascensione dalla Federal 1 alla PRO D2 è di 1,6 milioni di euro, ma molte società sono ben al di sopra di questa soglia. Per esempio Lille Metropole Rugby, la cui promozione in PRO D2 è stata rifiutata alla fine della scorsa stagione sportiva per ragioni amministrative, potrà contare quest’anno su 2 milioni di euro.
Se si scende di un gradino e si vanno a vedere i club in Federal 1 non interessati al passaggio nel campionato professionistico ed i maggiori club in Federal 2, non ci si stupisce nel vedere bilanci tra i 1 milione e 500 mila euro. Di fatto, sia per disponibilità finanziarie che per obiettivi societari, si sta delineando una terza categoria poco amateur e molto professionistica all’interno della stessa Federal 1. Per questo motivo il 60% dei club militanti in Federal 1 attraverso la loro associazione di categoria auspicano la creazione di un campionato di Elite Federale o PRO D3. Se la proposta fosse recepita dalla Lega e dalla FFR i club professionisti in Francia passerebbero dagli attuali 30 a non meno di 50.

 

Queste cifre astronomiche spiegano perché il TOP 14 sia letteralmente assaltato dalle star del rugby mondiale, molte delle quali, dopo la fase finale della RWC 2015, sono corse a casa a preparare le valigie per raggiungere la Francia. Questo movimento di giocatori verso la Francia ha interessato anche l’Italia, sebbene con proporzioni diverse.
Se il rugby italiano dopo la RWC 2015 deve fare autocritica e cercare una nuova strada quello francese, ferito nell’orgoglio, non perde tempo a leccarsi le ferite rimettendosi in questione e programmando il futuro. Guy Novés, il nuovo selezionatore dei galletti ha le idee chiare e attribuisce i risultati deludenti del mondiale e degli ultimi quattro anni alla carenza nella formazione dei giocatori.
Nonostante due campionati e mezzo professionistici e la pioggia di milioni di euro che inonda i campi, secondo Novés, la formazione dei giovani giocatori ed il loro accompagnamento verso l’alto livello sarà la chiave del futuro. Nel frattempo tanti giocatori italiani guardano a alla Francia con crescente interesse sia dal punto di vista economico sia da quello formativo.

 

di Alessandro Vischi
Veterinario, ex giocatore del CUS Milano e dell’ASR Milano, educatore del minirugby e arbitro. Da tre anni vive a Tolosa dove si respira il grande rugby

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