Da Exeter al Sei Nazioni, scende in campo un nuovo Mauro Bergamasco

Abbiamo intervistato l’ex flanker azzurro. Una lunga chiacchierata a pochi giorni dal debutto come commentatore su DMAX

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Ha da poco smesso i panni del rugbista professionista dopo un’incredibile carriera che lo ha visto indossare la maglia di Petrarca, Benetton Treviso ma soprattutto Stade Francais con cui ha giocato otto stagioni prima di far rientro in Italia agli Aironi prima e alle Zebre poi. A livello internazionale è il quarto azzurro di sempre con 106 caps tra il 1998 e il 2015, l’ultimo dei quali il 4 ottobre 2015 contro l’Irlanda alla Coppa del Mondo, torneo che lo ha visto scendere in campo in ben cinque edizioni differenti, record di sempre condiviso con il samoano Brian Lima. E ora Mauro Bergamasco, classe 1979, si prepara ad indossare i panni del commentatore televisivo dopo l’annuncio dell’ingresso nella squadra del “Rugby Social Club” targato DMAX in occasione del Sei Nazioni. Una nuova avventura che si prepara ad affrontare con l’entusiasmo e la professionalità che hanno contraddistinto la sua carriera di giocatore, come ci ha raccontato nell’intervista concessa proprio a pochi giorni dall’inizio del torneo.

 

Quanto ti aiuterà la tua esperienza di giocatore nel commentare il Sei Nazioni su DMAX?
Quanto fatto in campo mi ha permesso di aprirmi nuove strade. Il campo mi ha fatto acquisire un know-how e una metodologia di lavoro che sto esportando anche in altri settori. Poi certo nulla è facile e devo adattare tutto ciò che ho acquisito di volta in volta.

 

Sarà difficile commentare partite e prestazioni di un gruppo di cui fino a pochi mesi fa facevi parte?
Per fortuna il primo vero e proprio commento tecnico della partita è quello di Vittorio Munari e Antonio Raimondi. Poi Daniele Piervincenzi e Paul Griffen hanno in mano lo studio e daranno un’ulteriore spiegazione tecnica pre, durante e post match. Io rappresento il collegamento tecnico-emozionale, cercando di legare le situazioni tecniche al mio vissuto.

 

Il Sei Nazioni post Mondiale è sempre incerto. Cosa ti aspetti?
Francia e Inghilterra si presentano con uno nuovo staff, che significa nuova metodologia, nuova frequenza di voce che parla ai giocatori, ci sono le motivazioni della parte tecnica e della rosa, con ogni giocatore che vorrà guadagnarsi il proprio posto all’interno di squadre molto competitive. L’Inghilterra ha preso una grossa scottata all’ultima Coppa del Mondo e avrà un gran sentimento di rivalsa che non dovrà però tramutarsi in foga nel gioco. La Francia ha sempre avuto momenti alterni in questi ultimi anni per diversi motivi. Ora arriva un allenatore che ha un’esperienza di trent’anni sempre sulla stessa panchina e che ha avuto la capacità di adattarsi ma soprattutto di rinnovarsi, trovando sempre cose nuove da dire ai giocatori. Mantenere gli standard per un tempo così lungo con la stessa squadra come ha fatto Novès a Tolosa significa sapersi proporre in diverse forme e adattamenti e quindi potrebbe portare qualcosa di nuovo alla Francia. La Scozia è la squadra che ha mostrato di aver programmato trovando performance più continuative dell’Italia e quindi potrebbe dar fastidio a tutti.
Il Galles arriva da una Coppa del Mondo comunque buona, soprattutto considerando gli infortuni. Ha dimostrato volontà e caparbietà, oltre che grande tecnica individuale. Sull’onda di questa enfasi potrebbero mettere in difficoltà tutte le altre squadre.
L’Irlanda viene da un grosso lavoro negli ultimi otto anni. I giocatori possono essere stanchi per la stagione molto lunga ma è difficile prevederne le reazioni dirette.

 

E il nostro che torneo sarà?
L’Italia porta dieci giovani nuovi, alcuni con grande esperienza celtica e altri no e questi ultimi avranno bisogno di adattamento per portare il loro livello a quello internazionale. Però se sono stati scelti significa che hanno le qualità. Ci sarà forte motivazione da parte dei giovani che magari lotteranno di più per prendere il posto e potrebbero beneficiarne anche i giocatori con maggior esperienza e storicità. Speriamo che il gruppo affronti il torneo con gioia ma anche cattiveria agonistica.

 

Come hai visto il gruppo azzurro in questi ultimi anni?
Credo che il gruppo non sia mai stato coeso come negli ultimi anni, anche per la varie vicissitudini esterne accadute. Poi il campo dà la realtà dei fatti, ognuno dovrà avere dentro di sé il dovere morale di fare bene. E anche per come è andata la Coppa del Mondo tutti avranno qualcosa da voler dire.

 

Può essere un vantaggio affrontare subito Francia e Inghilterra, le squadre che hanno cambiato guida tecnica e che quindi non avranno ancora tutti gli automatismi al meglio?
Per esperienza quando si pensava di affrontare una squadra che si diceva e leggeva essere in difficoltà era quando poi si perdeva più malamente. Quindi non credo che questa situazione possa dare un reale vantaggio o un reale svantaggio. Anzi, per alcune squadre può essere positivo cambiare lo staff e per altre invece mantenerlo, sono aspetti da valutare caso per caso e non in senso assoluto.

 

Italia-Romania, Mondiale 2015, Exeter. Mauro Bergamasco non c’è: come hai vissuto il tuo addio al rugby giocato?
Sono state dette tante cose e talvolta non direttamente per bocca mia ma da parte di altre persone interpellate in merito. Per quanto mi riguarda ho scelto subito il silenzio stampa, perché comunque in quei giorni la squadra stava preparando una partita importante e non volevo fosse disturbata la serenità dell’ambiente, anche se comunque tutti i giocatori hanno mostrato fin da subito un supporto morale essenziale. Tutti i ragazzi me l’hanno manifestato ma tra compagni di squadra ci sono anche questi aspetti. Poi di certo non ho litigato con nessuno, non fa parte del mio carattere. Certamente però non mi aspettavo di essere fuori dal tutto, contro l’Irlanda non pensavo che sarebbe stato l’ultimo momento nel rugby giocato e questa cosa mi ha dato fastidio. Dire il contrario sarebbe da ipocrita. Ma non tanto per il fatto che fosse l’ultima partita e quindi automaticamente avrei dovuto esserci, perché lo staff fa delle scelte e quelle sono imprescindibili da qualunque altra situazione, ma più per l’aspetto tecnico e questo ho detto a Brunel: io non pensavo all’ultima partita, pensavo di essere pronto per quel tipo di partita e l’avevo dimostrato nei minuti giocati fin lì. Così non è stato, ma dal giorno dopo ho pensato ad altro.

 

Come valuti gli anni di gestione Brunel?
Da dentro si può dire che sia andata bene o male senza basarsi esclusivamente sul risultato del tabellone come può invece fare chi sta fuori. Però non me la sento di dare giudizi, anche perché c’è ancora un intero Sei Nazioni.

 

Perché così tanta differenza tra i primi due anni e gli ultimi due…
Una squadra ha un’evoluzione quando tra tutte le persone coinvolte vi è un rapporto basato su una comunicazione stabile ma anche in grado di evolversi.

 

Parliamo delle Zebre, che quest’anno sembrano davvero andare bene
Proprio adesso che io non ci sono più! (lo dice ridendo, ndr) Quando ci sono i risultati tutto si alleggerisce, si lavora diversamente. Non dimentichiamo che è il quarto anno e dopo un po’ si crea esperienza. Le cose stanno andando meglio degli anni precedenti e sono molto contento per i ragazzi… Un po’ meno per quelli che non giocano e di cui ero compagno, ma comunque spero che continuino così e vadano sempre meglio. Mi spiace invece per la Benetton che sta soffrendo, speriamo faccia una buona seconda parte di campionato.

 

Campionato celtico sì, campionato celtico no… E’ un’esperienza necessaria il Pro12?
Questo è un tema molto articolato. Certo che rilanciare il campionato italiano sarebbe molto importante, ma oggi da come siamo messi questo ci farebbe tornare indietro di altri dieci anni o forse di più. Serve tanto tanto tempo. Piuttosto concentriamoci nello sviluppo della base, con ciò intendendo la formazione per gli educatori che vengono prima ancora degli allenatori. E poi le strutture, dando sviluppo a questo sport e allo sport in generale. E poi magari pensiamo a cose più specifiche, senza riempirci la bocca di termini inflazionati come “valori”, che è solo una parola con sei lettere e vuol dire tutto e niente. Quando portiamo dei bambini in campo non sono dei bambini che devono far vivere la palla ovale, ma sono dei bambini che devono crescere attraverso uno strumento che è la palla ovale.

 

Italiani all’estero: tu, Parisse, Castro, Masi, Festuccia e altri ancora avete fatto molto bene, ma la sensazione è che la generazione successiva alla tua abbia più difficoltà ad ambientarsi in realtà diverse…
Arrivare all’estero è importante ma la cosa più importante è riuscire a rimanerci, poi certo ogni vicenda è una storia a sé. Ci vuole grosso spirito di adattamento, perché i livelli sono differenti ma anche lo spirito e la cultura. C’è chi gioca e chi fa più fatica.

 

I tuoi progetti per il futuro?
Continuerò il mio impegno con le aziende e con la mia start up di comunicazione. Ho tre team: formazione e team building aziendale, produzione audio-visivi soprattutto nello sport e infine il campus, che cresce sempre di più. Ma ora mi concentro su DMAX, mi diverto e mi piace. Spero possa andare avanti anche nei prossimi due anni.

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