Con il mattatore del DMAX Rugby Social Club abbiamo analizzato il torneo dentro e fuori dal campo
Il grande rugby internazionale torna protagonista nel weekend con le sfide del Sei Nazioni. E dopo le prime due giornate dell’edizione 2016, abbiamo fatto un primo bilancio con Daniele Piervincenzi, volto noto della palla ovale e conduttore del Rugby Social Club targato DMAX. Insieme abbiamo parlato delle prime sei partite del torneo da diversi punti di vista, partendo da quanto fatto vedere dalle squadre in campo per allargare poi lo sguardo a quanto fatto registrare fuori dal rettangolo verde davanti alle telecamere.
Come hai visto le prime due giornate del torneo?
Nell’Irlanda stanno forse iniziando ad emergere alcune problematiche: la squadra sta faticando, del resto ha un’età media di 29 anni, una delle più alte degli ultimi cinque anni. Della Francia ancora non abbiamo capito la vera identità di gioco, che in passato nella gestione Saint-André ha scimmiottato quella dell’Emisfero Sud. Comunque nella vittoria contro l’Irlanda ha dimostrato solidità in conquista e un po’ più di disponibilità a giocare al largo. Noves ha fatto vedere alla squadra alcuni filmati sull’anima francese del gioco, per recuperare questo senso di intraprendenza, ma la verità è che contro la squadra di Schmidt la vittoria è arrivata più che altro grazie alla maggiore intensità nello scontro fisico.
E l’Inghilterra targata Eddie Jones?
Ogni volta Eddie Jones inserisce elementi nuovi e la squadra risponde bene, come fosse un diesel. E’ partita in sordina ma ha un potenziale enorme, è l’anti-Galles per la vittoria finale. Da parte sua la squadra di Gatland ha un calendario favorevole.
Ora per l’Italia arriva la partita contro la Scozia. Che come sempre può essere decisiva per il bilancio finale del torneo….
Per noi è sempre una partita importante, ma questa volta di più: sarà il banco di prova per misurare la profondità del nostro movimento. Contro l’Inghilterra abbiamo pagato un errore che ha tagliato le gambe e in più abbiamo diversi infortunati. Per questo stiamo allargando il gruppo, ma se contro la Scozia dovessimo dimostrare mancanza di profondità allora ciò imporrebbe una riflessione più ampia sul nostro movimento. Sarà una verifica a tutto tondo, non legata solamente alla Nazionale maggiore su cui la Federazione investe tante energie. Il gap, la forbice, si allarga prima, perché anche l’Under 20 fa fatica e non credo sia un problema di Troncon ma delle forze a disposizione. Il sistema delle Accademie ha puntato sulla meglio gioventù, si tratterà di capire se ciò è stato fatto in modo corretto. Sabato ci giochiamo un pezzo di credibilità della formazione del movimento, perché questa Italia sta attingendo dai suoi giovani formati.
Nonostante le due sconfitte azzurre, rispetto allo scorso anno i dati di ascolto sono in forte crescita. Cosa vi ha più sorpreso?
Una delle cose più inaspettate è il dato sullo studio prepartita, che è cresciuto del 30%. Questo studio ha una particolarità: è l’unico prodotto live che il gruppo Discovery manda in onda a livello internazionale. E’ da subito stata una grande sfida e gli occhi di tutti ci erano addosso, anche perché a supporto non ci sono canali news o che trattano di sport.
La vostra scelta è stata da subito molto chiara: seri ma non seriosi…
Potevamo metterci in giacca e cravatta, invece abbiamo voluto ricostruire un’atmosfera particolare e molto rugbistica, come se il pre partita fosse il viaggio in pullman e il post il momento dello spogliatoio. In alcuni momenti siamo vincolati ai tempi televisivi e alle informazioni che vogliamo dare, ma l’idea è comunque quella di coinvolgere tutti anche su questioni extra sportive. Lo scorso weekend per esempio abbiamo fatto conoscere la storia dei ragazzi del Libera Rugby Club: la loro vicenda è estremamente attuale, proprio in questi giorni, ma in ritardo rispetto al resto d’Europa, si sta portando avanti una battaglia politica che è soprattutto una battaglia di civiltà e il nostro compito è anche quello di restituire la fotografia della società e del nostro mondo.
Poco prima dell’esordio abbiamo intervistato la new entry Mauro Bergamasco. Che voto gli dai?
Mauro ha nei confronti della vita lo stesso approccio che aveva in campo. E’ positivo, competitivo, autoironico, ma anche molto umile: parla sempre con autori e registi per capire come le cose devono funzionare. Ha capito perfettamente che la televisione è uno strumento importante per far conoscere il nostro sport e il suo compito è quello di rendere comprensibile agli spettatori ciò che accade in campo. E’ stata davvero una bellissima sorpresa.
In tutto con Paul Griffen sono ben 148 caps di ospiti!
Sono una coppia incredibile. Durante la partita prendono tantissimi appunti sul loro taccuino, danno letture di ciò che accade a livello individuale e collettivo, sembrano due video analyst. Sarebbe un bel momento da far vedere. E poi nei momenti non live coinvolgono il pubblico da quest’anno presente in studio: la settimana scorsa Griffen ha tenuto una sessione di passaggi con alcuni ragazzi.
Torniamo agli ascolti. Qualcuno ha fatto notare che Italia-Irlanda del 2007 aveva fatto registrare 1.8 milioni di spettatori. Certo, si veniva da una doppia vittoria consecutiva, ma parliamo anche di un’ “era televisiva” fa…
Vincere aiuta tantissimo, quando la Nazionale ingrana allora trova più spazio sui giornali e tutto ciò lancia gli eventi creando curiosità e aspettative. Intimamente tutti noi tifiamo Italia e il nostro essere latini ci porta a tifare una squadra magari sfavorita ma che supera le proprie difficoltà. Ma c’è anche un altro aspetto da considerare. Questo sport ha coinvolto tantissime persone nel periodo di La7, ma non dimentichiamo che poi è arrivata la rivoluzione della TV con la frammentazione dei canali dopo l’avvento del digitale terrestre. L’offerta è più ampia, ci sono tantissimi canali tematici a cui il pubblico si è abituato. Una volta erano Rai e Mediaset più il terzo polo La7, ora le abitudini dei telespettatori sono cambiate, perché ciò che cercano può essere stato targhettizzato al canale 31 o 52. Vuol dire che è cambiato l’utente, che è disposto ad imparare una nuova numerazione di canali. E’ difficile quindi fare paragoni. Di certo rispetto agli anni della pay-tv abbiamo quadruplicato gli ascolti ed è un bene perché questo sport ha bisogno di visibilità televisiva per consolidare nuovi appassionati, che è il nostro obiettivo.
Ci state riuscendo?
Sappiamo che in Italia circa mezzo milione di persone guardano il rugby perché appassionati storici. Il nostro obiettivo è intercettarne di nuovi, facendoli incuriosire e divertire grazie al Social Club che coinvolge tanti e diversi ospiti. E i dati di ascolto dicono che gli spettatori intercettati restano, soprattutto quelli che arrivano dal canale NOVE: significa che l’atmosfera piace.
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