Dal no dell’Accademia al sì di Narbonne: intervista a Paolo Pescetto

La giovane apertura italiana ha da poco esordito in ProD2 con la prima squadra. Perché a volte quando si chiude una porta…

ph. Fanny Haas

ph. Fanny Haas

Nelle ultime settimane il nome di Paolo Pescetto è rimbalzato tra tifosi e appassionati. Genovese, classe 1995, l’ex giocatore del Cus Genova ha esordito venerdì 6 marzo con la maglia del Narbonne nel match di ProD2 contro Bourgoin, facendo capolino nel mondo del professionismo dopo che la scorsa stagione aveva giocato con la squadra Espoirs, recitando tra l’altro un ruolo da protagonista nella promozione in Elite 1. Abbiamo intervistato la giovane apertura a proposito della sua esperienza francese e del percorso di formazione all’estero, iniziato quando si è chiusa la porta dell’Accademia. Ma si sa, a volte quando ti si chiude una porta…

 

La tua carriera è iniziata al Cus Genova e lì hai esordito in Prima Squadra…
Ho cominciato nella mia città natale e fatto la trafila delle giovanili. La stagione 2012/13, all’età di 17 anni, l’ho giocata con la Prima Squadra, con la manleva firmata dai miei genitori perché minorenne. Quell’anno abbiamo conquistato la promozione in Serie A con la vittoria nello spareggio sul Cus Perugia mentre la stagione successiva abbiamo raggiunto la salvezza, grazie ai playout vinti contro il Romagna.

 

Poi hai lasciato l’Italia per la Francia. Come mai?
Ero al mio ultimo anno di liceo, volevo fare esperienza all’estero e così ho cercato una squadra che potesse essere interessata a me. Inizialmente ho guardato anche all’Inghilterra ma mi sono orientato verso la Francia anche perché avevo studiato il francese, così ho mandato il curriculum ad alcuni club di Top14 e ProD2 ed è arrivata la chiamata dal Centro di Formazione di Narbonne grazie all’interessamento del suo Direttore che, dopo aver visionato alcuni miei video, ha deciso di offrirmi una chance. All’inizio mi hanno fatto una convenzione per un anno. Una vera scommessa e io me la sono giocata. Tra l’altro ho iniziato la stagione un pochino in ritardo, perché nel frattempo avevo già organizzato un viaggio in Sudafrica per giocare: per fortuna mi hanno aspettato.

 

Italia, Francia, Sudafrica…sempre per la palla ovale?
Ma no, anche per fare esperienze di vita e imparare le lingue che sono sempre una cosa importante. Certo la motivazione e la passione per la palla ovale sono state la spinta. A 16 anni sono stato anche tre mesi in Nuova Zelanda, dove ho fatto la IRANZ (New Zeland International Rugby Academy di Murray Mexted) e ho studiato allo Scots College di Wellington, giocando nel loro campionato.

 

La prima stagione a Narbonne con gli Espoirs avete ottenuto  la promozione dall’Elite 2 alla 1. Come è stato?
Una stagione bellissima. In semifinale abbiamo battuto Lione, dominatore della stagione regolare: abbiamo giocato in campo neutro, c’erano tantissimi tifosi. Loro erano i favoriti ma noi abbiamo fatto una partita perfetta. Poi in finale abbiamo battuto lo Stade Francais, ottenendo così la promozione.

 

Che differenza c’è tra il campionato Espoirs Elite 2 ed Elite 1?
L’Elite 2 è composta quasi esclusivamente dagli Espoirs dei club di ProD2, l’Elite 1 da quelli di Top 14…Significa che ci si confronta con giovani che hanno già  giocato in prima squadra nel massimo campionato francese, è un buon test personale, aiuta a capire a che livello sei. Nell’Elite 2 invece è diverso: non essendoci retrocessioni, le squadre giocano di più, prendendosi più libertà, meno preoccupate dal risultato finale. Dal punto di vista fisico, all’inizio, sembravano campionati equivalenti, poi a stagione in corso quello di quest’anno si è rivelato davvero tosto.

 

Come è il rapporto tra Espoirs e Prima Squadra?
L’anno scorso verso dicembre mi allenavo con l’allenatore per la tecnica individuale e avendo a volte gli stessi orari della prima squadra, mi ha portato ad allenarmi coi trequarti Seniores. Comunque, soprattutto nella seconda parte di stagione, ci sono allenamenti collettivi: il mercoledì per esempio, facciamo linea contro linea con i trequarti. Ma non sempre è possibile, la prima squadra gioca spesso al venerdì e noi la domenica e la programmazione di lavoro è differente.

 

Da poco è arrivato anche l’esordio in ProD2. Un passo importante…
Sono stato davvero felice. Tra l’altro abbiamo giocato a Bourgoin, un campo molto bello con spalti simili a quelli degli stadi inglesi dove puoi sentire i tifosi e il loro calore perché sono molto vicini e partecipano con grande passione. Inoltre non mi aspettavo di giocare un intero quarto di gara. Da Genova sono anche arrivati i miei genitori, una vera sorpresa. E’ stata una giornata molto bella.

 

A parte questo, in generale come valuti la tua esperienza in Francia?
All’inizio è stata un po’ dura ambientarsi, anche per la lingua ma poi passato il primo periodo mi sono inserito molto bene, grazie anche al supporto dello staff e dei miei compagni e ho iniziato a giocare regolarmente. A parte le prime tre/quattro partite e un quarto di finale, sono sempre sceso in campo.

 

Come mai quel quarto di finale non l’hai giocato?
La settimana precedente avevo fatto una brutta partita e in generale avevo perso un po’ di fiducia. Il Direttore degli Espoirs mi ha fermato per un giro e mi ha consigliato un Mental Coach che aveva lavorato anche con alcuni giocatori della prima squadra. Abbiamo fissato un incontro, ci siamo visti qualche volta e ho ritrovato confidenza nei miei mezzi, riconquistato la fiducia e ritrovato la motivazione per scendere in campo al massimo.

 

Ora pensi più all’Italia o alla Francia?
Per ora ho un altro anno di contratto con Narbonne e penso all’obiettivo della salvezza confermando l’Espoir Elite 1. Se continuo a fare bene posso giocarmi la chance di guadagnarmi un posto in prima squadra.

 

Ma dall’Italia c’è qualcuno che ti segue o comunque si interessa alle tue prestazioni?
Che io sappia no, almeno non mi risulta.

 

Prima della Francia eri molto vicino ad entrare in Accademia…
Quando ero in Under16 ho fatto diversi raduni con le selezione per entrare nell’Accademia di Parma Under 18. Pensavo di essermi guadagnato la convocazione. Sono rimasto molto deluso quando ho visto che non ero nella lista dei selezionati.

 

Il Progetto Statura c’entra qualcosa?
Ogni tanto noi ragazzi ci interrogavamo sulla questione “altezza”. In quel periodo circolava l’idea che i parametri fisici fossero molto importanti. Io non sono un “gigante” ma ho sempre cercato di dimostrare che non sono sufficienti i centimetri per fare di un giocatore un buon giocatore. Questo non significa però che non sono stato preso per questo motivo. Non so in base a cosa sia stata fatta la scelta.

 

Rimpianti?
No, oggi no. Se fossi entrato in Accademia non avrei avuto la possibilità di fare altre esperienze che stanno segnando il mio cammino. Sento che queste mi stanno facendo crescere come persona e come giocatore.

 

Quando si chiude una porta si apre talvolta un portone…
Nel mio caso sì, mi si è presentata un’occasione importante, una buona chance. Forse il sistema di formazione delle Accademie preclude troppo presto la possibilità ai giovani giocatori. Nel senso: se ne resti escluso poi è dura avere la possibilità di misurarsi a livelli più alti mentre tutti dovrebbero poter crescere. Poi certo, è giusto che ci sia una selezione, ma forse l’accesso all’alto  livello dovrebbe poter avvenire attraverso anche altre strade, non solo attraverso quella delle Accademie.

 

Di Roberto Avesani

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