Così in un’intervista il giovane centro, che punta il dito contro un rugby ancora non professionistico
La delusione del Sei Nazioni, le difficoltà della Nazionale e la positiva esperienza ai Chiefs. Michele Campagnaro, centro classe 1993 in forza ad Exeter e per molti miglior azzurro del Sei Nazioni 2016, ha rilasciato un’intervista a Rugbymeet in cui affronta diversi temi, a cominciare dal torneo iniziato bene a Parigi e concluso molto male con le sconfitte in Irlanda e Galles. “Se ragioniamo anche rispetto al mondiale, abbiamo finito con un disastro”. Il discorso si sposta presto fuori dal campo: “Non si può dare la colpa a solo chi ha giocato […] non puoi giudicare un intero Sei Nazioni, i risultati della nazionale solo dai giocatori, nel senso che se tutti questi risultati non arrivano, se ci sono così tanti infortuni, se non siamo competitivi a livello fisico e a livello tecnico, non è che i giocatori (ovvio loro sono quelli che ci mettono la faccia) sono gli unici responsabili”. Grazie all’esperienza inglese in Premiership, Campagnaro può fare un confronto con quanto vissuto nel nostro paese: “In un sistema come quello del rugby in Italia ognuno deve prendersi le proprie responsabilità […] Non siamo come gli altri innanzitutto perché non siamo professionisti. Nessun club in Eccellenza si può definire professionistico, quelli che più si avvicinano sono le due franchigie ma anche lì ci stiamo arrivando pian piano”.
Il giovane centro parla poi dei primi mesi in Inghilterra e in generale dell’esperienza ad Exeter. In rosa c’è molta concorrenza (Slade, per citarne uno), ma l’ambiente è quello ideale e le buone prestazioni ne risentono: “Ho guadagnato maggior convinzione nei miei mezzi e questo ha aiutato, poi la prestazione è sempre un mix di preparazione fisica e anche mentale. L’anno scorso ero molto più sotto pressione […] Quando invece sei in un ambiente sereno, propositivo e stai bene fisicamente riesci a giocare e a esprimerti molto meglio“. Infine una parola sul nuovo staff della Nazionale e sui commenti positivi arrivati da alcuni compagni di squadra che già si sono allenati con Catt: “Potrebbe essere quello che ci vuole per il rugby italiano”.
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