“Per la Libertà”. L’urlo ovale che supera le mura del carcere di Padova

Luca Costantino, allenatore delle giovanili del Petrarca, ci racconta un progetto che mette al centro il rugby e abbatte la recidiva

ph. Valentina Sperandio

ph. Valentina Sperandio

Loro si chiamano Barbarians, come il prestigioso club ad inviti che raccoglie giocatori provenienti da diversi club, e sono la squadra della sezione ICAT della Casa Circondariale Due Palazzi di Padova. L’acronimo sta per Istituto a Custodia Attenuata ed è il frutto di un progetto pilota avviato a fine 2014 dalla Regione Veneto grazie alla collaborazione tra il Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria del Triveneto e l’Usl 16. Si tratta di un padiglione del carcere padovano destinato a detenuti con condanne fino a sei anni per reati non contro la persona e all’interno del quale vige il rispetto del regime comunitario europeo per quanto riguarda il rapporto uomo/spazio. Un’isola felice all’interno della quale l’obiettivo è lavorare con e sul detenuto prima che venga rilasciato per ridurne la recidiva. E i risultati sono concreti e tangibili, tanto che nel primo anno la percentuale è crollata dal 90% al 5% per i 40 detenuti che vi sono transitati.
A raccontarcelo è Luca Costantino, per tanti anni allenatore delle giovanili del Petrarca Padova (tra gli “allievi” più celebri i fratelli Sarto, Marco Barbini e Mattia Bellini) e da un paio di anni promotore e animatore del progetto che ha portato la palla ovale all’interno della sezione ICAT del carcere padovano. Con risultati davvero importanti.

 

“Nel 2013 si è presentata questa la possibilità e l’ho sfruttata. Ho saputo che la casa circondariale di Padova era oggetto di attenzione da parte del CONI per un progetto che voleva introdurre il rugby quale attività riabilitativa e tutto è iniziato. Vi è stato un bando congiunto Usl/Ministero dell’Interno per identificare uno sport che favorisse le dinamiche di gruppo in un contesto di rispetto delle regole, ho proposto la palla ovale ed è andato a buon fine”. Detto fatto. Nel maggio 2015 iniziano gli allenamenti con un gruppo di venti persone eterogenee per nascita e biografia, ma che condividevano una cosa: la totale non conoscenza del rugby. “Dopo aver incontrato il Comitato Veneto che ha messo a disposizione del materiale, abbiamo iniziato con l’allenamento settimanale: vi prendiamo parte io in qualità di allenatore/educatore, gli utenti della struttura, le guardie carcerarie e il gruppo di psicologhe, con il quale al termine di ogni seduta mi confronto”. E tra detenuti/lavoratori che scelgono come giorno di ferie proprio il venerdì per potersi allenare e altri che nonostante il Ramadan non mancano in campo, la voce si espande anche oltre le mura. Si arriva così allo scorso ottobre, quando Luca Costantino chiede di organizzare un torneo di touche aperto anche a giocatori esterni. Raccolte diverse adesioni, tra cui rugbisti di Mirano e Petrarca e una selezione di arbitri di Padova, sabato 27 febbraio si gioca una partita al tocco di quasi tre ore,  con squadre che si mescolano continuamente. E poi, ovviamente, il terzo tempo: “Abbiamo fatto riscaldamento e stretching tutti assieme, c’erano persone che non mangiavano popcorn da quattro anni…E’ stato davvero molto bello – racconta Costantino – Nei giorni successivi abbiamo scritto una lettera, in parte collettiva in parte personale da ogni detenuto, ringraziando tutti gli esterni che hanno partecipato“.

 

Ma al di là del momento di incontro sportivo, è al lungo periodo che guarda il progetto. “Il nostro obiettivo è formare persone prima abituate ad eludere le regole e far sì che diventino un gruppo di amici, riabilitate attraverso questo sport“. E la vittoria più bella si ottiene quando chi esce continua a coltivare la passione per la palla ovale, con il rugby a fare da legame tra vita detentiva e vita normale. “Due persone una volta libere hanno intrapreso la strada di giocatore e arbitro, di fatto riconoscendo al rugby il ruolo di mezzo di reinserimento sociale“.
La Direzione Carceraria ha riconosciuto il valore aggiunto del progetto e chiesto di esportarlo in altre città del Veneto. “Ma a questo punto serve un supporto, serve che qualcuno si faccia avanti per aiutarci – prosegue Costantino – La Federazione sostiene questi progetti, ma nel caso di squadre che partecipano ai vari campionati. Questo è un progetto concreto, che aiuta le persone riducendone la recidiva e favorendo il reinserimento sociale. Il nostro urlo a fine allenamento è “per la Libertà!”, perché è questo l’obiettivo della nostra squadra”.

 

Il prossimo passo, intanto, è organizzare una nuova partita a fine maggio. Chi volesse sostenere i Barbarians dell’ICAT, anche con materiale e abbigliamento da gioco come fatto dalle ragazze della Nazionale Azzurra che hanno donato una maglia autografata, può contattare la squadra all’indirizzo [email protected].

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