Tito Tebaldi è agli Harlequins da fine 2014. Gli abbiamo chiesto di descriverci il nuovo ct azzurro: ecco cosa ci ha detto
Dunque Conor O’Shea è il nuovo ct azzurro. Di lui sappiamo un po’ di cose: che è un irlandese di 45 anni di Limerick, con una carriera da estremo dovuta abbandonare per un infortunio, 35 caps e 44 punti per la sua nazionale, un curriculum scolastico di tutto rispetto: Bachelor of Commerce Degree all’Università di Dublino, un diploma in studi legali al Dublin Institute of Technology e un Master in Scienze Sportive e in Sports Management conseguito all’importante United States Sports Academy di Daphne, Alabama. Poi Director of Rugby e Direttore Generale ai London Irish (squadra per cui aveva giocato), quindi – nel 2005 – Direttore delle Accademie Regionali della RFU prima e successivamente Direttore dell’Accademia Nazionale della federazione inglese. Direttore dell’English Institute of Sport – infine – Director of Rugby degli Harlequins, incarico che lo ha visto trionfare in Premiership nel 2012 (in bacheca anche una Challenge Cup e una LV=Cup) e che a fine stagione lascerà per diventare il ct della nazionale italiana. Ah sì, suo padre Jerome è stato un famosissimo giocatore di football gaelico.
La domanda però rimane: chi è Conor O’Shea? Come è l’uomo, come è il tecnico? Avremo modo di conoscerlo nel prossimo quadriennio – il suo contratto dovrebbe scadere a fine giugno 2020 – ma c’è già un italiano che lo conosce abbastanza bene: Tito Tebaldi. Il mediano di mischia è infatti agli Harlequins dalla fine del 2014 e dopo un anno non facile in cui è sceso in campo con la squadra A ha iniziato a vedere il campo con una certa regolarità e in questa stagione ha messo assieme 9 presenze e 533 minuti, spesso da titolare.
OnRugby ha chiesto all’ex numero nove di Aironi, Zebre e Ospreys (e rivederlo nel gruppo della nazionale non sarebbe affatto male…) di scattare una fotografia di Conor O’Shea, eccola:
Ci sarebbe molto da dire, anche dopo solo una stagione trascorsa agli Harlequins sotto la direzione di Conor. Va pure detto che, per quanto lunga un’annata sportiva possa sembrare, non penso sia sufficiente per conoscere a fondo una persona (specialmente se questa è il boss!). Parliamo di un tecnico che fa della comunicazione un suo punto di forza: con i media, con il suo staff ma, soprattutto, con i giocatori. L’approccio con quest’ultimi specialmente è uno dei segreti che rende la nostra squadra e il nostro spogliatoio così uniti e così compatti verso l’obiettivo comune.
Per chi legge è importante però capire che non si sta parlando di un “head coach”, ma più di un “manager”. Tutto quello che si può racchiudere col termine “organizzazione” (tecnica, ovviamente) lo riguarda: il reclutamento degli allenatori, del capo fisio e del campo preparatori; il mercato giocatori; il sistema e, più di tutti, lo stile di gioco. Proprio quest’ultimo penso rappresenti fortemente, più di tutte le altre sue caratteristiche, la sua vera “firma”. Poche squadre in Inghilterra e in Europa giocano un rugby così rappresentativo e allo stesso tempo imprevedibile come gli Harlequins, quasi mai noioso e ad alto potenziale offensivo. Sono portato a pensare che questo stile di gioco e questa mentalità offensiva e vincente siano tra i motivi principali per cui sia stato scelto per la guida dell’Italia.
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