In terra Pumas fa discutere la scelta di Paz di lasciare i Jaguares per Calvisano. Oltralpe invece è rivoluzione jiff
Due notizie (una delle quali che ci riguarda più da vicino) hanno interessato nei giorni scorsi la federazione argentina e quella francese, la prima con quello che potrebbe essere un problema nuovo per il rugby Pumas ma assolutamente da non sottovalutare, la seconda alle prese con la soluzione di un problema invece ormai consolidato del proprio rugby professionistico domestico: stiamo parlando rispettivamente della fuga dei giovani talenti e dei troppi stranieri che militano in Top14.
In Argentina ha fatto discutere e non poco l’addio ai Jaguares di Joaquin Paz, che la prossima stagione giocherà con Calvisano. Un giocatore giovane (classe 1993), con cinque presenze in Super Rugby e che a livello internazionale ha collezionato due caps con i Pumas nel 2013 nel corso del Championship sudamericano e ha indossato anche la maglia dei Pumitas e della Nazionale Seven. “Il secchio è talmente pieno che l’acqua comincia ad uscire – scrive rugbyfun – e chi non riesce ad arrivare in cima alla piramide del rugby argentino decide di andarsene”. E già si pensa che una sola franchigia in Super Rugby significa pochi posti a disposizione in patria nell’alto livello: “Mentre Nuova Zelanda, Sudafrica e Australia distribuiscono gli atleti in tante formazioni, i giocatori argentini hanno una sola squadra a cui mostrare il proprio valore: e chi non ha troppe occasioni può trovare allettante andarsene in Europa, anche in campionati non di prima fascia“. Un rischio forse non calcolato ma che era latente nella decisione di entrare nel Super Rugby: con i migliori atleti coinvolti nei Jaguares, che è divenuto il maggior livello di club a disposizione in Argentina, chi ritiene di non avere la possibilità di arrivare così in alto prende in seria considerazione anche l’ipotesi di attraversare l’Oceano per arrivare in Europa, anche per giocare in Eccellenza. Due casi (quello di Joaquin Paz e Novillo, pure lui in arrivo a Calvisano) che non indicano certo una tendenza ma che devono mettere in preallarme la UAR: quando ad andarsene in Europa non sono i vari Carter e Nonu a fine carriera ma giovani che si affacciano all’alto livello, allora è necessario porsi il problema e trovare delle soluzioni.
Chi una possibile soluzione sembra invece averla trovata è la Federazione francese. Dopo le tante polemiche circa la numerosa presenza di giocatori stranieri in Top14, ritenuta una delle cause degli scarsi risultati ottenuti di recente dalla nazionale transalpina, la FFR è intervenuta cambiando la regola dei jiff: dalla stagione 2017-2018 i giocatori stranieri non potranno più in nessun modo essere considerati deii giocatori di formazione francese con tutte le conseguenze del caso, come abbiamo scritto nell’articolo dedicato. L’obiettivo del nuovo regolamento è quello di forzare i club a valorizzare maggiormente il proprio vivaio, aumentando il numero di giocatori francesi in lista gara e in definitiva ridare linfa al rugby nazionale 100% Bleus. Alla cosiddetta pratica del “poaching” (bracconaggio) sono negli anni ricorsi numerosi club francesi: Brive e Clermont gestiscono per esempio strutture nel Pacifico e sebbene abbiano più volte spiegato che non si tratta di Accademie per scovare (e portare in Francia) talenti, ciò non è bastato ad attirare critiche all’intero sistema messo in piedi. E questa potrebbe essere una buona notizia anche per Samoa, Fiji e Tonga, uscite da un Mondiale negativo e alla prese con il continuo problema dei giocatori che scelgono di rappresentare altri paesi.
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