Il ct dell’Inghilterra esorta gli allenatori della Premiership a esperienze down under. E i risultati parlano chiaro…
Dall’insediamento sulla panchina del XV della Rosa di Eddie Jones, l’Inghilterra ha vinto ovunque e contro chiunque. Alla prova di forza mostrata durante il Sei Nazioni, culminato con il Grande Slam, ha fatto seguito la sorprendente cavalcata trionfale nella serie di test match contro l’Australia, ridotta ai minimi termini con un perentorio 0-3 che non ha lasciato spazio ad interpretazioni di ogni sorta. Anzi, a qualcuna sì. Ad esempio, a come l’Inghilterra abbia cambiato volto e si sia rigenerata solo con l’arrivo di Eddie Jones, un tecnico proveniente dall’Emisfero Sud e capace di ridare vigore ad una nazione avvilita dalla Coppa del Mondo ed ormai etichettata come incompiuta.
Definirla una semplice coincidenza, di fatto, appare quantomai riduttivo, se si pensa alla bontà del lavoro svolto fin qui dai tecnici provenienti da sotto l’Equatore e che stanno guidando le nazionali nel Vecchio Continente: la Scozia di Vern Cotter protagonista di importanti risultati e squadra in grado di dare filo da torcere a chiunque, e poi Joe Schmidt e Warren Gatland che hanno portato nelle bacheche di Irlanda e Galles due Sei Nazioni a testa (più un tour dei Lions nel caso di Gatland). Senza dimenticare che molte delle squadre Tier Two stanno o hanno conosciuto di recente importanti momenti di crescita anche grazie al lavoro fatto in campo e fuori da tecnici dell’Emisfero australe: la Georgia di Milton Haig, il Canada di Kieran Crowley (e ora Mark Anscombe), in parte anche le Fiji di un altro neozelandese, John McKee e naturalmente il Giappone dei miracoli di Eddie Jones, autore di tre vittorie ai Mondiali e del clamoroso smacco al Sudafrica (e da poco sulla panchina degli Stati Uniti è arrivato John Mitchell, tra gli altri ex coach degli All Blacks). Non si tratta, insomma, della classica moda del momento, ma di una tendenza sempre più affermata nel corso degli anni, che vede gli allenatori down under spesso e volentieri in vantaggio rispetto ai colleghi dell’Emisfero Nord nei ballottaggi per una panchina internazionale.
Un predominio, inoltre, apparentemente difficile da contrastare nel breve/medio termine per gli allenatori del Vecchio Continente: basti pensare al prodotto offerto dal Super Rugby, espressione di una mentalità diversa rispetto a quella europea anche per quanto riguarda la guida tecnica e di una maggiore propensione alle innovazioni del gioco. Non a caso, il maggiore appeal del torneo dell’Emisfero australe rende i coach delle migliori franchigie le naturali prime scelte sul mercato per tutti, una volta che questi si liberano dalle società di appartenenza. Due nomi come Dave Rennie e Todd Blackadder, rispettivamente in uscita da Chiefs e Crusaders al termine della stagione, sono già l’oggetto del desiderio di tutto l’Emisfero boreale, mentre Jamie Jospeh (head coach degli Highlanders) è già stato messo sotto contratto dal Giappone.
Se non possono essere scavalcati nelle gerarchie, dunque, tanto vale ‘unirsi’ a loro. Ed è quello che avrà pensato, ad esempio, lo stesso Stuart Lancaster. Dimessosi al termine dei Mondiali, l’ex ct inglese aveva intuito l’andazzo già nei mesi successivi alla Rugby World Cup considerando i numerosi rumours che lo accostavano ad alcune panchine del Super Rugby, mentre di recente proprio Eddie Jones si è esposto pubblicamente nel consigliare agli allenatori d’Oltremanica di emigrare temporaneamente nell’Emisfero Sud se vogliono coltivare l’ambizione di diventare dei tecnici di livello internazionale. “I coach dei migliori club britannici dovrebbero allonatarsi della Premiership – ha dichiarato l’ex ct del Giappone a BBC Five Live – Penso sia importante per loro. Il campionato è impegnativo, ma è rugbisticamente troppisolato; il movimento ha bisogno che gli allenatori inglesi vadano ad allenare altrove. Un’esperienza in Nuova Zelanda, in Sudafrica o in Australia aiuterebbe definitivamente la loro crescita. Se Baxter e Cockerill (head coach di Chiefs e Tigers, ndr) dovrebbero tentare un’avventura nell’Emisfero Sud? Se vogliono allenare a livello internazionale al 100%”.
di Daniele Pansardi
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