Il coach dei caucasici Milton Haig anticipa possibili cambiamenti della terza coppa. Che potrebbero interessarci da vicino…
Aprire le coppe europee a nuove realtà. L’intento principale della Challenge Cup Qualifying Competition, al momento della sua (tribolata) creazione, era chiaro: allargare il più possibile gli orizzonti e i confini del rugby europeo, abbracciando al suo interno squadre provenienti da nazioni Tier 2 o da Paesi rugbisticamente ancor meno evoluti (oltre alle italiane dell’Eccellenza). Un progetto che, nelle sue due prime edizioni, ha coinvolto club spagnoli (El Salvador e Valladolid), portoghesi (l’Universitario de Lisboa e Direito), rumeni (Wolves e Timisoara), russi (Enisej) tedeschi (Heidelberger) e belgi (Kituro). Insomma, tutta l’Europa di ‘serie B’ e anche qualcosa di più. O quasi. In entrambe le stagioni, infatti, ha fatto notizia la rinuncia della Georgia alla competizione, nonostante la presenza della selezione (e non club, distinzione fondamentale) dei Tbilisi Caucasians in quel primo abbozzo di spareggio europeo giocato (e perso) contro Rovigo nel settembre 2014, preludio alla coppa vera e propria. Che, però, non ha ancora visto una squadra georgiana prendervi parte. Una situazione probabilmente destinata a non rimanere tale, come ha fatto intendere Milton Haig dalle colonne di The Rugby Paper.
Il coach della nazionale non ha usato mezzi termini in merito: “Senza dubbio vorremmo partecipare a quella competizione e se ne sta parlando – ha dichiarato il neozelandese – Bisogna chiedersi se sia meglio continuare a finanziare costosi tour per gli juniores in Francia e ottenere visibilità a quel livello, oppure utilizzare la Challenge Cup come percorso di sviluppo. Probabilmente ci siamo resi conto di aver bisogno di entrambe le cose”. Haig, inoltre, non crede si tratti di un progetto estremamente complicato da realizzare ma, anzi, fa trasparire la sua grande fiducia nell’evoluzione dell’ambiente intorno al rugby georgiano: “È solo una questione di assicurarsi che il governo ci supporti dal punto di vista finanziario, ma penso che ci sia stato un deciso cambio di mentalità nel modo in cui noi operiamo“.
L’articolo di The Rugby Paper, inoltre, aggiunge anche il nome del possibile club partecipante alla terza coppa europea, quei Lelo Saracens legati a doppio filo con i più noti Saracens inglesi (così come il Timisoara rumeno) e vincitori del campionato domestic georgiano nelle ultime quattro stagioni. Questo – si legge – nonostante Haig preferisca di nuovo comporre una selezione fatta dai migliori giocatori del torneo locale, proprio come avvenne nel 2014 (e che suscitò le proteste del presidente FIR Gavazzi sulla disparità con i club). Prescindendo da ciò, a sorprendere non è certamente la legittima richiesta della Georgia di entrare nel torneo, quanto più la scelta di aver atteso due stagioni per giungere ad una simile decisione. Certo, il domestic georgiano non può essere definito ancora ai livelli della SuperLiga professionistica rumena, capace di accogliere diversi stranieri (mentre i Lelo Saracens, ad esempio, sono interamente composti da atleti locali), ma per un movimento in costante crescita come quella caucasico (e con una nazionale reduce da un trionfale Tour nel Pacifico), l’ingresso nella Qualifying Competition può (anzi, deve) solo rappresentare un ulteriore step nel proprio costante percorso di crescita.
Quel che è certo, è che se venisse confermata la partecipazione di una selezione e non di un singolo club, la possibilità dovrebbe allora essere garantita anche alle altre federazioni coinvolte nella qualificazione. E nel caso dell’Italia, si potrebbe partecipare con una doppia selezione formata partendo dalla divisione club/franchigie di cui si è letto nelle scorse settimane e nella quale potrebbero avere un ruolo anche i non convocati delle celtiche impegnate in Champions e Challenge (fermo restando che le date di gioco coincidano, come accaduto la scorsa stagione).
Di Daniele Pansardi
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