Le ultime uscite della selezione a sette danno segnali incoraggianti. A patto di non sprecare tempo…
Dopo la delusione della mancata qualificazione ai Giochi Estivi di Rio 2016, il cammino della Nazionale Rugby Seven è stato un crescendo. Dal nono posto di Mosca e passando per il settimo di Exeter, la squadra di coach Andy Vilk ha raggiunto la quinta posizione nella tappa polacca di Gdynia, terza e ultima del circuito targato Rugby Europe. “Dobbiamo prepararci al nuovo ciclo, cioè alle Olimpiadi di Tokyo 2020”, aveva dichiarato coach Vilk ai nostri microfoni al termine della prima tappa russa. “L’obiettivo dell’Olimpiade parte ora – aveva poi aggiunto capitan Falsaperla sempre dalla Russia- ci saranno momenti difficili però questa è stata una grande base perché ha fatto conoscere a tutti come funziona e cosa è il Seven”. E i risultati delle settimane successive sembrano aver confermato quelle buone sensazioni, nonostante per il rugby a sette il nostro movimento possa fare moltissimo di più. E proprio questa è l’occasione da non sprecare.
Considerando quanto rapidamente stanno crescendo nel rugby Seven nazioni fino a poco tempo fa insospettabili, si capisce che i quattro anni che ci separano da Tokyo non sono poi così tanti e che il tempo va sfruttato al massimo e la meglio. Anche perché è legittimo pensare che la disciplina riscuoterà parecchio successo in Brasile, scatenando una corsa al rafforzamento che renderà ancora più competitiva la qualificazione per l’edizione nipponica. Ma il primo e fondamentale passo l’abbiamo fatto ed è l’identificazione di quello che sarà nel prossimo quadriennio il gruppo della Nazionale Rugby Seven. Ora si tratta di capire come farlo crescere programmando di conseguenza.
Liam Messam e Sonny Bill Williams, ad esempio, hanno saltato la stagione di Super Rugby con i Chiefs per concentrarsi esclusivamente con la Nazionale a sette dei tutti neri con la quale hanno partecipato alle tappe della Seven World Series (Messam ad onor di cronaca ha giocato le ultime due partite di stagione regolare di Super Rugby contro Highlanders e Reds, una volta saputa della non convocazione olimpica). La Francia può puntare su Virimi Vakatawa, da due stagioni completamente dedito al Rugby Seven. Certo, le Sevens World Series occupano sei mesi dell’anno e rappresentano una competizione di altissimo profilo, ma è fondamentale a livello di programmazione permettere al gruppo azzurro di allenarsi e competere con maggiore frequenza e intensità, adottando anche nell’anno della qualificazione la strada della federazione neozelandese con Sonny Bill Williams e Messam. Tanto più in una versione del rugby in cui conoscenza del compagno e confidenza sono ancora più importanti.
E poi c’è il lavoro da fare scendendo nella piramide verso il basso. Se è vero che a livello di base i tornei di rugby a sette stanno prendendo sempre più piede in tutta la Penisola, coinvolgendo anche Under 16 e Under 18, è altrettanto vero che con un’Eccellenza a dieci squadre e con in calendario una competizione non indispensabile come il Trofeo Eccellenza, lo spazio per un circuito di rugby Seven c’è. Senza considerare che durante l’off season estiva i club inglesi in Premiership e gallesi di Pro 12 fanno fare le ossa ai giovani delle Academy durante le Singha Premiership…
Di Roberto Avesani
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