Un gruppo di giocatori fissi durante l’anno ed un circuito affiliato ai club: intervista ad uno dei punti fermi della nazionale di Andy Vilk
Matteo Falsaperla è da qualche stagione uno dei punti fermi della nazionale italiana di rugby seven, attorno al quale sembra fare capolino (seppur lentamente) una certa progettualità per il futuro (e per Tokyo 2020). Il terza linea di San Donà, diventato nel frattempo anche il capitano della selezione allenata da Andy Vilk, ha toccato con mano le difficoltà dell’Italia nel corso degli anni nell’allestire una squadra competitiva, ma allo stesso modo ha vissuto in prima persona l’ultimo trittico di tornei targati Rugby Europe in cui gli azzurri hanno reagito al nono posto di Mosca conquistando un settimo posto ad Exeter ed un positivo quinto posto a Gdynia.
Che bilancio puoi fare delle tre tappe estive da poco concluse?
Un bilancio certamente positivo quello delle tre tappe del circuito europeo di Rugby Europe che ci ha visto coinvolti a Mosca, Exeter e Gdynia. L’obiettivo che ci eravamo prefissati prima di partire, ovvero passare il turno classificandoci tra le prime 8, è stato raggiunto in due tappe su tre. In particolare, ad Exeter siamo arrivati settimi ed a Gdynia abbiamo scalato altre due posizioni ottenendo il quinto posto.
Sono fiero di queste posizioni raggiunte perché abbiamo constatato che il percorso che abbiamo intrapreso ha generato validi risultati già nel breve periodo e questo ci lascia ben sperare per il futuro.
Dopo la delusione della non qualificazione a Rio, da cosa siete ripartiti per il proseguo della stagione?
Siamo ripartiti analizzando quali sono stati i punti di forza ed i punti di debolezza e cercando di migliorare la prestazione già dall’appuntamento successivo ovvero il 7s Grand Prix Series, torneo in cui abbiamo affrontato due squadre già qualificate per Rio 2016: Francia e Gran Bretagna. Nello specifico contro la prima abbiamo riportato la vittoria per 28-0, questo, ci ha dato la conferma che il percorso che abbiamo intrapreso è quello giusto.
Dal nono posto di Mosca al quinto posto di Gdynia passando per il settimo di Exeter. Quale il motivo della crescita?
Il motivo della crescita risiede nel fatto che ci siamo presentati al Torneo con 8 su 12 esordienti, quindi abbiamo avuto bisogno della prima tappa per far sì che, anche i “nuovi” arrivati, potessero ambientarsi in una competizione di alto livello. Sono contento del lavoro che con i miei compagni abbiamo fatto, siamo riusciti a formare una squadra unita e pronta a combattere fino all’ultimo minuto di ciascuna partita.
Quanto è importante in uno sport come il Seven avere la possibilità di allenarsi assieme in modo continuativo nel corso della stagione?
Avendo affrontato nell’ultimo torneo squadre che lavorano tutto l’anno insieme abbiamo avuto la conferma di quanto questo sia importante dal punto di vista sia sportivo che psicologico. Quest’anno abbiamo avuto modo di prepararci insieme per sette settimane ed i risultati si sono visti sin da subito. L’obiettivo è continuare in questo senso, incrementando le occasioni d’incontro della squadra per far sì che vi sia una crescita continuativa e strutturata.
Pensi che avere un gruppo allargato di giocatori che nel corso della stagione si allenano e giocano esclusivamente a sette sia una soluzione per alzare il livello, o è comunque importante che i giocatori della Nazionale Seven abbiano parallelamente un percorso a 15 con i propri club?
Considerando il livello che le competizioni di rugby a sette stanno raggiungendo ed il ritorno dello stesso ai giochi olimpici, credo sia necessario creare un gruppo che stabilmente giochi a Sevens, tenendo conto che è una disciplina che mantiene il fisico fortemente allenato e soprattutto non incide, se non positivamente in termini di preparazione, su un possibile ritorno dell’atleta al rugby a quindici.
Qual è la cosa più importante / l’aspetto più decisivo a livello di programmazione per riuscire a raggiungere la qualificazione a Tokyo 2020?
L’aspetto più importante è prevedere un gruppo che giochi a Sevens tutto l’anno, proprio perché il livello è sempre più competitivo e squadre europee, come la Germania, negli ultimi tempi stanno registrando una notevole crescita. Per essere competitivi in vista della qualificazione alle Olimpiadi del 2020 è necessario specializzarsi.
Pensi che vi sia la possibilità di coinvolgere i club di Eccellenza in un circuito Seven stabile (per esempio durante la offseason estiva o nel corso della stagione sfruttando i weekend di campionato in cui non si gioca)?
Creare questo tipo di occasione ritengo sia molto importante per due motivi principali: da un lato consentirebbe al Sevens di avere maggiore diffusione sia tra i Club che tra gli atleti stessi e dall’altro amplierebbe il bacino per il reclutamento dei giocatori, i quali potrebbero mostrare di avere le capacità idonee anche per il rugby a sette.
Di Roberto Avesani
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